Negli ultimi due anni, l’intelligenza artificiale è passata dal laboratorio di ricerca alla ribalta delle interazioni con gli utenti. Che si tratti di riassumere appunti o di aiutare con la codifica del software, in azienda, le persone utilizzano l’AI per ridurre l’impegno associato ai compiti ripetitivi e aumentare il tempo per le attività a valore aggiunto.
Secondo alcuni esperti, il risultato è una rivoluzione digitale. L’intelligenza artificiale consente la democratizzazione dell’innovazione, permettendo a tutte le funzioni aziendali di applicare la tecnologia in modi nuovi, e di trovare soluzioni creative a difficoltà prima insormontabili.
“In generale, direi che dovremmo essere davvero entusiasti della GenAI”, afferma Cynthia Stoddard, CIO di Adobe. “Ci aiuterà a cambiare il modo in cui le persone lavorano e a portare queste attività a un livello diverso, dove si può operare in modo più produttivo rispetto al passato”.
Ma non sono tutte buone notizie. Stoddard riconosce che i dirigenti devono essere cauti, perché l’AI può essere usata anche in modo meno produttivo. Dalla un’eccessiva frequenza delle hallucination prodotte da bot poveri di conoscenza, alla presenza di nuove minacce alla sicurezza informatica, questa tecnologia può creare problemi significativi se non viene implementata con attenzione ed efficacia.
Questo genere di problemi, a loro volta, fa sì che molti progetti di intelligenza artificiale rimangano bloccati nella fase di prototipazione. Il gigante della consulenza Deloitte rileva che il 70% dei leader aziendali ha portato in produzione il 30% o meno dei propri esperimenti. Nel frattempo, Gartner prevede che almeno il 30% dei progetti di AI generativa sarà abbandonato dopo la fase di proof-of-concept entro il 2025.
Per sfruttare al meglio la tecnologia emergente, le imprese devono assicurarsi che questa forma di innovazione non porti al caos, e si aspettano che le responsabilità ricadano sul CIO. Dopo tutto, con la loro ricca esperienza nel guidare le implementazioni sono nella posizione migliore per aiutare le rispettive aziende ad abbracciarne i vantaggi.
Ora, quindi, spetta ai CIO diventare i promotori del cambiamento e fornire ai loro colleghi l’assistenza strategica di cui hanno bisogno. Come afferma Miguel Morgado, senior product owner del Performance Hub presso l’azienda satellitare Eutelsat Group, la giusta strategia è fondamentale per cogliere efficacemente le opportunità di innovazione.
“A proposito dell’AI: Si investirà molto pensando che si tratta di un’altra Rivoluzione Industriale, oppure si crederà che sia solo un’illusione e non si farà nulla?”, riflette. “Tra tre o quattro anni, vedremo i risultati. La scelta della strategia giusta, oggi, determinerà il successo tra quattro anni”.
Dare forma alla strategia per l’innovazione
Sfortunatamente, abbracciare la GenAI è tutt’altro che semplice. Molti fattori, tra cui la governance, la sicurezza, l’etica e i finanziamenti, sono importanti ed è difficile stabilire delle regole di base.
“La verità dell’AI generativa è che si fa del proprio meglio perché è una tecnologia relativamente sconosciuta”, dichiara Ollie Wildeman, VP della divisione clienti dello specialista di viaggi Big Bus Tours. Quindi, da dove si dovrebbe cominciare per avviare questo complicato processo [in inglese]?
Secondo lui, la risposta è concentrarsi sulle persone che vogliono accedere all’innovazione e poi coinvolgere esperti in grado di stabilire i principi essenziali. “La GenAI deve essere guidata da chi vuole implementare la tecnologia”, sottolinea. “Dopodiché, ci devono essere forme di controllo da parte del maggior numero possibile di parti diverse dell’azienda”.
Wildeman è uno specialista non informatico che ha spinto per l’implementazione dell’AI. Il suo servizio clienti utilizza Freshworks Customer Service Suite, che include chatbot alimentati dall’intelligenza artificiale per gestire le richieste degli utenti. Sta anche aggiungendo altre tecnologie emergenti, tra le quali lo strumento generativo di Freshworks, Freddy AI, per riassumere le richieste di assistenza.
Ottenere l’approvazione per queste iniziative innovative comporta un processo iterativo, e un gruppo direttivo tecnologico di Big Bus Tours guida le decisioni sull’AI. Questo team comprende il CTO, il VP della tecnologia e i leader aziendali di altre funzioni, tra cui la finanza e le risorse umane.
“Tutti studiano il prodotto e fanno domande”, dice Wildeman. “Per far passare il mio progetto AI, mi sono presentato al comitato quattro o cinque volte con presentazioni modificate. Nel caso di Freddy, hanno potuto constatare che stiamo lavorando con un fornitore esistente di cui ci fidiamo, e con cui lavoriamo da molto tempo”.
La chiave per realizzare il potenziale della tecnologia emergente consiste nel dimostrare un caso d’uso [in inglese]. Questo messaggio risulta particolarmente rilevante nel caso Niall Robinson, responsabile dell’innovazione di prodotto presso il Met Office. Nel ruolo che ricopre presso il servizio meteorologico e climatico nazionale del Regno Unito, il manager e il suo team esplorano come l’organizzazione possa creare valore attraverso l’innovazione di prodotto e le partnership strategiche.
Sottolinea l’importanza degli studi PoC per ottenere il consenso degli stakeholder e il ruolo della data science, del ML e dell’AI per migliorare le previsioni meteorologiche. Per esempio, il Met Office sta utilizzando il modello Cortex AI di Snowflake per creare descrizioni in linguaggio naturale delle previsioni meteo.
Robinson afferma che l’intelligenza artificiale è una grande innovazione per la comunità scientifica e per le previsioni meteorologiche. Tuttavia, deve essere utilizzata con attenzione. Nella sua organizzazione, significa esplorare le opzioni, confrontare le possibilità tecnologiche e lavorare con consulenti di fiducia.
“Attualmente, non abbiamo prodotti e servizi orientati all’intelligenza artificiale generativa”, afferma. “Utilizziamo continuamente l’apprendimento automatico. Abbiamo più di 500 scienziati PhD nel Met Office che utilizzano l’analisi dei cluster e le reti neurali, e lo fanno da un decennio o due. Stiamo anche collaborando con il Governo del Regno Unito per sviluppare politiche di utilizzo dell’AI in modo responsabile ed efficace”.
Affinare il ruolo del CIO
È chiaro che l’innovazione guidata dalla tecnologia non è più appannaggio esclusivo del reparto IT come poteva esserlo quindici anni fa, quando era spesso la soluzione a un problema. I CIO acquistavano sistemi tecnologici e il resto dell’azienda doveva farne buon uso.
Oggi, i Chief Information Officer e i loro team parlano con i colleghi delle loro principali difficoltà e suggeriscono potenziali soluzioni. Ma la GenAI, come già il cloud computing prima di lei, ha anche reso molto più facile per gli utenti trovare soluzioni digitali indipendentemente dal team IT.
Questo alto livello di democratizzazione non è privo di rischi, ed è qui che i CIO, in quanto custodi della tecnologia aziendale, svolgono un ruolo cruciale, poiché conoscono i punti dolenti della governance, dell’implementazione e della sicurezza. La loro consapevolezza rivela che la responsabilità per l’AI e per le altre tecnologie emergenti sono diventate parte del ruolo sempre più ampio di un leader digitale, tiene a precisare Rahul Todkar, responsabile dei dati e dell’AI presso lo specialista di viaggi Tripadvisor.
“Penso che, volenti o nolenti, i CDO e i CIO debbano avere almeno un punto di vista e dare forma alla narrativa in quel particolare settore”, avverte. “Perché sono coloro che fanno da ponte tra l’intelligenza artificiale, la tecnologia, e le applicazioni aziendali”.
James Fleming, CIO del Francis Crick Institute di Londra, osserva che la situazione è simile nella sua organizzazione di ricerca leader mondiale, dove è il dirigente diventato il punto focale dell’etica per l’AI e l’innovazione. “Suppongo che sia la soluzione migliore possibile, perché con qualsiasi tecnologia nuova come questa, qualcuno deve prendere l’iniziativa di capirla e poi di comunicarla a tutti. Era ovvio che la responsabilità ricadesse su di me”.
Tuttavia, la democratizzazione dell’innovazione significa che le buone idee possono provenire da qualsiasi direzione, e i Chief Information Officer non possono permettersi di lavorare in isolamento. Fleming afferma che i leader digitali efficaci sono interpreti del cambiamento e consigliano saggiamente il team esecutivo.
“Le decisioni importanti su qualsiasi cosa devono essere prese in tutta l’organizzazione”, aggiunge. “I CIO dovrebbero fornire una supervisione perché l’innovazione è stata democratizzata, certo, ma questo processo non significa che il cambiamento che ne consegue abbia più successo. Il leader IT deve essere all’avanguardia e reattivo al cambiamento, per non ritrovarsi a guidare un dipartimento che dice no a tutto”.
Trovare un equilibrio tra rischio e successo
Dire di sì richiede politiche forti, suggerisce Dave Moyes, partner dei sistemi informativi e digitali di SimpsonHaugh Architects. I Chief Information Officer intenzionati ad avere la certezza che la democratizzazione dell’innovazione non si ritorca contro di loro devono mettere in atto regole e normative, soprattutto per la GenAI.
“Una delle prime cose che abbiamo fatto è stata la stesura di una policy che indica al personale ciò che è accettabile e ciò che non lo è”, spiega. Per esempio che: “se non sei sicuro, quando trovi uno strumento chiedi se nell’utilizzarlo per X, Y o Z andrà tutto bene o potremmo avere dei problemi”.
Moyes è un altro CIO che assume il ruolo di arbitro morale per le tecnologie emergenti. Tuttavia, non lavora in un silos. Ha redatto la policy sull’AI, l’ha presentata al consiglio di amministrazione e altri partner hanno rivisto l’approccio. Afferma che questa modalità collaborativa con altri stakeholder senior sposta l’ago più verso i benefici che verso i rischi.
“Vogliamo incoraggiare il personale a sfruttare al massimo gli strumenti perché, in ultima analisi, daranno dei vantaggi, faranno risparmiare tempo e permetteranno loro di fare le cose che amano”, precisa.
Fleming racconta anche che il Francis Crick Institute ha convocato un gruppo di lavoro multidisciplinare per valutare gli strumenti di GenAI disponibili pubblicamente. Il gruppo, che comprende rappresentanti del settore scientifico, operativo, legale e delle risorse umane, esamina le questioni-chiave, come i casi d’uso, le tecnologie potenziali e le possibili restrizioni.
Sebbene non sia stato trovato alcun esempio di applicazione della GenAI decisivo per un grande investimento, il gruppo ne ha identificati alcuni, tra cui quello che aiuta i ricercatori a scrivere le domande di sovvenzione quando l’inglese non è la loro prima lingua. “Non merita un investimento multimilionario nell’IA generativa, ma abbiamo il dovere di tenere d’occhio tutte le tecnologie emergenti”.
Questo approccio è apprezzato anche da Todkar di Tripadvisor, il quale si sofferma a spiegare come il potenziale aumento di produttività della tecnologia emergente sia significativo a patto che le aziende procedano con cautela. La chiave del successo è garantire che, per convalidare i processi, sia chiamato in causa un esperto umano.
“La democratizzazione dell’innovazione deve essere qualificata e calibrata dalle persone”, conclude. “Perché, per quanto si possa creare un nuovo strumento che incorpori alcuni aspetti dell’automazione, del completamento dei compiti o perfino del processo decisionale e di inferenza basato su modelli linguistici di grandi dimensioni, è necessario avere una calibrazione, una convalida e un perfezionamento di questi risultati, con un professionista che verifichi cosa fanno questi modelli. Se si dispone di un ciclo di feedback e ci si assicura che l’AI non oltrepassi le soglie e i confini etici, si avrà sempre quel controllo in atto”.
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