Le imprese europee spenderanno 1,18 trilioni di dollari in IT nel 2024 (+11,1% rispetto al 2023) e 1,28 trilioni nel 2025 (+8,7%), secondo le più recenti stime di Gartner [in inglese]. I CIO europei continueranno a investire in servizi di cloud pubblico (123 miliardi di dollari previsti nel 2024) e in cybersicurezza (47 miliardi), e il cloud verrà usato anche per sostenere i nuovi carichi di lavoro dell’intelligenza artificiale e dell’AI generativa. Gartner stima a 78 miliardi nel 2024 e a 94 miliardi nel 2025 la spesa specifica per l’AI. E, in generale, le aziende che hanno realizzato il valore dell’IT durante la pandemia continueranno a rafforzare la loro spesa in tecnologia dell’informazione per essere competitive e far crescere i ricavi grazie alla trasformazione digitale.
In Italia i nostri CIO tracciano un quadro ancora più dettagliato di questi investimenti e delle loro strategie per la digitalizzazione. Le imprese più lungimiranti, guidate da direttori dell’IT con un’ampia visione, abbracciano nuovi paradigmi, come lo sviluppo Agile, la valorizzazione dei big data con l’AI e la collaborazione con il top management.
“L’IT è sempre più il cuore pulsante della trasformazione digitale: si può dire che noi non sviluppiamo progetti per l’IT, bensì per il business”, afferma Andrea Mariani, Vice President IT di Sacchi Elettroforniture, distributore di materiale elettrico e rinnovabili in Nord Italia e, dal 2017, parte del gruppo Sonepar. “Noi dell’IT, insieme ad altre Direzioni, svolgiamo un ruolo-chiave nel processo di trasformazione digitale di Sacchi e il futuro sarà sempre più orientato verso un uso pervasivo delle tecnologie digitali. Ci sono le nuove onde tecnologiche da cavalcare, come l’AI, e noi vogliamo esserci per cogliere le opportunità e non subire la trasformazione”.
“Negli ultimi anni l’IT è entrato in modo preponderante in tutti i settori, soprattutto dopo il Covid, che ha accelerato i processi aziendali, basti pensare alla diffusione dello smart working. Di pari passo il CIO si è evoluto oltre la figura solo tecnica, acquisendo un valore aggiunto”, evidenzia Luca Berton, Principal-Technology and Digital di Chaberton Professionals. “L’IT è diventato un asset cross function – prosegue l’esperto – e il Chief Information Officer aiuta il modello di business dell’impresa e delle sue diverse funzioni. Lo fa tramite i dati, raccogliendoli, analizzandoli e dando alle altre persone in azienda gli strumenti per estrarne valore”.
La trasformazione digitale Agile
Per Sacchi Elettroforniture sono in particolare due i progetti che, in questi ultimi anni, hanno segnato il percorso di digitalizzazione e che si legano al business aziendale: l’esperienza omnichannel dei clienti e la modernizzazione della supply chain.
“La nostra piattaforma omnichannel rappresenta il futuro dell’interazione del cliente con la nostra azienda”, afferma Mariani. “È una piattaforma unica nel suo genere e in ambito B2B: è stata appositamente progettata per il nostro settore e sviluppata in base alle esigenze del professionista elettrico, partendo quasi da zero, non adattando qualcosa di preesistente. La complessità gestita è stata tanta, ma siamo stati aiutati dall’adozione della metodologia Agile, che ha cambiato il modo di lavorare della direzione IT”.
Con la metodologia Agile, infatti, non si passano più mesi a sviluppare progetti per arrivare a un’unica release finale, con il rischio di dover rielaborare alcune soluzioni: nell’Agile lo sviluppo è iterativo e continuo e consente alle imprese come Sacchi di allinearsi a un mondo dinamico, dove le richieste dei clienti sono sempre più veloci.
“C’è un continuo rilascio e miglioramento in base ai feedback esterni e interni”, afferma Mariani. “La metodologia è definita e abbiamo, ovviamente, una programmazione su più anni, ma tutto procede per tappe anziché per progetti monolitici: l’approccio di sviluppo Agile rende subito fruibile ciò che abbiamo ideato. In caso di qualche malfunzionamento, si può più rapidamente tornare indietro e modificare. Il nostro focus è il cliente, è per il cliente che l’IT lavora”.
Anche la digitalizzazione della supply chain ha l’obiettivo di servire al meglio la clientela, garantendo che l’ordine arrivi in modo sempre più veloce e preciso. L’IT ha supportato questa trasformazione con l’ampliamento del magazzino automatico cui – data la rilevanza per il business – è stato dedicato un investimento di oltre 70 milioni di euro.
“Far parte del Gruppo Sonepar è importante per la vision e per gli investimenti che si sono potuti mettere in campo per far crescere l’azienda”, sottolinea Mariani.
Per il progetto di Warehouse Extension il team IT di Mariani ha dovuto rivedere tutta l’infrastruttura di rete del magazzino. Ci sono state diverse sfide tecnologiche, come le decisioni sulle soluzioni da utilizzare per i vari servizi, o quelle da non utilizzare, come la connettività 5G, che è stata valutata, ma, per il momento, non implementata.
“Il CIO deve essere sempre informato sulle tecnologie emergenti, ma deve mantenere un occhio critico, guardando ai vantaggi reali senza lasciarsi sviare dagli hype”, afferma Mariani.
Con la stessa ottica Mariani sta conducendo i primi PoC (Proof of Concept) sulle applicazioni dell’AI che, invece, ritiene molto promettente.
“In questo ambito penso ci siano tante possibilità per migliorare il lavoro e per servire meglio il cliente: dal magazzino all’e-commerce, dal back office al dipartimento finance e commerciale, l’AI ci può aiutare”, afferma Mariani. “Pensiamo a come valorizzare le persone, facendo in modo che si dedichino ad attività importanti, mentre l’AI svolge i compiti ripetitivi, che portano via tempo o che potrebbero avere un alto tasso di errore. Il tutto per soddisfare l’obiettivo strategico di realizzare l’ordine B2B perfetto”.
Il CIO innovatore e data-driven
Anche Gianpaolo Valente, Senior Director RS Italy Information Technology di Hitachi Rail (soluzioni ferroviarie integrate), guarda con attenzione alle tecnologie emergenti: Hitachi Rail sta implementando l’intelligenza artificiale per ottimizzare i processi decisionali e ha avviato anche l’adozione della Internet of Things per migliorare la manutenzione predittiva dei suoi sistemi ferroviari grazie agli oggetti connessi che inviano dati da analizzare.
“La trasformazione digitale di Hitachi Rail poggia su pilastri chiave: l’integrazione dei dati, la modernizzazione dei sistemi legacy e l’adozione di tecnologie emergenti come IoT e AI”, dichiara Valente. “Abbiamo investito molto nella creazione di un’infrastruttura che centralizza e armonizza i dati provenienti dai diversi sistemi aziendali e operativi. Questa visione unificata ci permette di migliorare sia l’efficienza operativa che la qualità del servizio. Inoltre, stiamo gradualmente sostituendo o integrando i sistemi legacy con piattaforme digitali moderne, che offrono maggiore flessibilità e scalabilità. Questo ci consente di ridurre i costi di gestione e di accelerare i processi di innovazione”.
I dati come base dell’efficienza e del processo decisionale aziendale (data-driven decision making) stanno prendendo sempre più slancio nelle imprese, anche grazie all’accelerazione portata dall’intelligenza artificiale, fa notare Berton di Chaberton Professionals.
“Sebbene questa tecnologia esista da anni, è l’avvento dei big data, che fungono da base per addestrare i modelli di machine learning, ad aver innescato il trend”, afferma Berton. “Questi sviluppi hanno profondamente trasformato il ruolo del CIO, che ora è diventato un elemento centrale del team manageriale e parte integrante della leadership aziendale. Il Chief Information Officer moderno è sempre più legato ai temi di business, in grado di parlare il linguaggio dell’azienda e di promuovere nuove iniziative per rendere più efficienti i processi e far crescere il fatturato”.
L’IT è business, non commodity
Infatti, Mariani di Sacchi sottolinea che in azienda i progetti IT sono sempre legati al business.
“I progetti IT puri come commodity, che non portano innovazione e trasformazione digitale, sono pochi; il grosso del lavoro è supportare la trasformazione digitale ed entrare nelle decisioni strategiche dell’azienda”, afferma Mariani. “L’IT è il motore della trasformazione, ma lavora insieme alle altre direzioni, partecipando alle decisioni: io faccio parte del Comitato di Direzione e posso quindi anche incidere sulle strategie di business dell’azienda”.
A unire IT e business sono i dati: nella direzione IT di Sacchi c’è un gruppo dedicato che gestisce la business intelligence.
“Tutta l’azienda vive di dati, dal Presidente al venditore, e abbiamo specifiche risorse dedicate alla gestione dei dati, con training sull’uso delle reportistica e degli strumenti di analisi e simulazione, perché il board usa i dati per prendere le decisioni strategiche e i colleghi operativi basano sui dati il loro lavoro per raggiungere gli obiettivi di business, come il fatturato o la CX”, indica Mariani.
Non a caso, evidenzia Berton, la cultura del dato è parte fondamentale delle competenze del CIO.
“Tutto parte dal dato, anzi dall’informazione, e il Chief Information Officer deve sapere come trattarla e veicolarla: da lì può costruire software, sistemi AI e altri prodotti che portano all’azienda un miglioramento dei processi, efficienza, innovazione dei modelli di business, e così via”, afferma l’esperto. “Senza il dato non c’è trasformazione e anche l’AI non si può attuare senza la cultura del dato, l’AI va legata ai big data e alla BI, che danno la struttura per implementare un sistema AI davvero utile”.
Le sfide del CIO e come superarle
In questo percorso, il CIO può scontrarsi con un ostacolo: stakeholder o Business Unit che non vogliono fornire i dati per paura di perdere la loro autonomia e cadere sotto un suo presunto controllo. In questi casi, afferma Berton, il Chief Information Officer deve dare prova di possedere una capacità naturale di leadership e di persuasione per affiancarsi agli stakeholder e far capire il valore che può portare con i dati. Le informazioni non servono per puntare il dito ma per migliorare le prestazioni delle unit e delle persone.
“Come CIO, la parte tecnica del lavoro è sicuramente impegnativa, ma prevedibile: gli strumenti e le tecnologie possono essere gestiti tramite processi ben definiti”, sottolinea Valente di Hitachi Rail. “La vera sfida è la gestione delle persone e la collaborazione tra i dipartimenti. In Hitachi Rail, il dialogo tra IT e le altre funzioni aziendali è cruciale per allineare le priorità e assicurarsi che la tecnologia supporti gli obiettivi strategici”.
“Uno dei principi chiave del Manifesto Agile ci ricorda che il cuore di ogni progetto sono le persone e le loro interazioni, ancora prima dei processi e degli strumenti”, evidenzia Barbara Marmello, Group Head of ICT&ERP enterprise di Joivy, piattaforma per la gestione digitale del mercato immobiliare. “Strumenti e processi sono essenziali per garantire struttura, continuità e un valido supporto al team, sono la base per fare innovazione. Tuttavia, devono essere flessibili e adattarsi alle esigenze specifiche del team, senza mai soffocare la creatività o rallentare il ritmo di lavoro. Non si può imporre un metodo dall’alto senza che le persone ne condividano strumenti e motivazioni”.
Marmello segue il paradigma Agile, ma solo in parte, perché in alcuni casi ritiene più efficace un approccio ibrido e, soprattutto, aperto. Alcuni “puristi dell’Agile”, evidenzia la manager, “tendono ad essere rigidi nell’applicare la metodologia e si rischia di perdere il beneficio. Per esempio, se si deve implementare un ERP non è conveniente andare live con solo una parte, occorre avere almeno un intero processo pronto o si rischia di dover rifare o correggere il lavoro e il go live è solo fittiziamente più veloce”.
“Non esiste una soluzione unica per tutti i CIO”, ribadisce Valente. “Ogni azienda deve sviluppare un approccio basato sulle proprie esigenze operative, sulla struttura IT e sugli obiettivi strategici”.
Secondo Berton, “Il CIO deve saper creare un’atmosfera di collaborazione, capire come funziona l’azienda e chi sono i suoi stakeholder e portarseli a bordo: è la prima skill. Se non c’è questa base, il lavoro del leader IT è non solo ostacolato, ma malvisto, e non è più funzionale, ovvero non corrisponde alla missione per cui è stato assunto”.
Il Chief Information Officer innovatore, insomma, deve sapersi mostrare non come minaccia, ma come portatore di novità che aiutano a lavorare meglio e far prosperare l’azienda.
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