L’intelligenza artificiale è già tra noi, soprattutto se guardiamo il livello di implementazione da parte delle grandi imprese: dati alla mano, risulta che, nel 2022, il 61% del campione esaminato (174 organizzazioni) ha avviato almeno un progetto di IA, mentre il 34% si dichiara in possesso di capitali, competenze e strategie per integrare l’AI nei propri processi. Tra le Pmi, lo scenario è meno confortante: soltanto il 15% (su un campione di 541) ha almeno un progetto di IA avviato, ma si registra, comunque, una crescita rilevante, poiché il dato è doppio rispetto al 2021.
Le cifre provengono dall’ultimo Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano. “Nonostante le disparità, le imprese italiane hanno la consapevolezza che l’IA è un elemento fondamentale per innovare i modelli di business e acquisire un vantaggio competitivo”, afferma Carlo Negri, Ricercatore senior dell’Osservatorio. “Le aziende si aspettano che l’intelligenza artificiale porti loro benefici sia in termini di efficacia che di efficienza: aumento della qualità dei prodotti e dei servizi offerti, crescita dei ricavi, ottimizzazione dei processi e riduzione dei costi operativi”.
Le applicazioni più diffuse: Intelligent Data Processing e Chatbot
Sempre secondo la rilevazione, nel 2022, le imprese italiane hanno acquistato dai vendor tecnologici soluzioni IA per un ammontare complessivo di 500 milioni di euro (+32% rispetto al 2021).
Questa spesa si rivolge, innanzitutto, verso l’Intelligent Data Processing(34%), che comprende tutte quelle soluzioni che permettono di estrarre ed elaborare informazioni di valore dai dati, strutturati o meno, soprattutto nell’ambito delle analisi predittive. Seguono le soluzioni per la Language IA, come i Chatbot e i software di NLP (Natural Language Processing) che elaborano il linguaggio naturale (28%).
Una porzione ingente della spesa è dirottata anche verso i sistemi di Recommendation (19%), molto usati nel mondo retail, come pure nella computer vision (10%), impiegata per esempio per la sicurezza dei lavoratori delle fabbriche, e nell’Intelligent RPA (Robotic Process Automation) (9%), che opera nel contesto dell’automazione nei processi lavorativi.
“Nelle Pmi prevalgono le iniziative di piccola scala e il Data Processing intelligente è la soluzione più scelta: viene utilizzata, per esempio, nel fare previsioni sulla domanda e sugli andamenti di mercato”, osserva Negri. “Molta AI delle piccole imprese è rappresentata da software integrati nei prodotti che acquistano”.
Matteo Mutti, CTO di Promotica, azienda attiva nel settore della loyalty e del customer engagement, per esempio, ha introdotto in azienda uno strumento IA che serve a coadiuvare la direzione nel fissare la strategia aziendale, individuare gli obiettivi e definire il piano corretto per raggiungerli, un esempio concreto di come i dati possano dare un supporto al processo decisionale. Ma non è il solo. C’è anche la suite di strumenti di cybersecurity con cui viene gestito tutto il perimetro di sicurezza, tramite il servizio di Threat Intelligence automatizzata. “Grazie all’intelligenza artificiale il sistema invia alert solo in caso certo di anomalia, eliminando il tempo perso nell’analisi di falsi positivi”, afferma Mutti. “Questo permette di essere più veloci nell’individuare le problematiche e i nessi causali sulla nostra infrastruttura IT”.
In definitiva, è l’opinione del leader IT di Promotica: “L’adozione di strumenti di intelligenza artificiale ci permette di usufruire di tecnologie all’avanguardia e di raggiungere obiettivi senza incidere sulle risorse interne all’azienda”.
L’embedded AI è pervasiva
L’affermazione contenuta nel titolo di questo paragrafo è confermata da Roberto Saracco, coordinatore del Gruppo di lavoro “Intelligenza Artificiale” di Anitec-Assinform. “Tra le imprese italiane prevale l’utilizzo dell’AI embedded, ovvero già incorporata in tecnologie come i robot o i sistemi di sicurezza. Da questo punto di vista l’Intelligenza artificiale è pervasiva: la usa il 90% delle Pmi, spesso senza rendersene conto”.
Per esempio, spiega Saracco, una piccola impresa manifatturiera potrebbe sostituire un robot di vecchia generazione con uno più evoluto senza pensare al fatto che già così ha introdotto in azienda un software di intelligenza artificiale. “Anche lo smartphone ha l’IA. Lo usiamo tutti, ma non ci pensiamo”, nota Saracco.
Meno comune è il caso dei leader IT che, consapevolmente, cercano soluzioni AI per risolvere uno specifico problema, come l’analisi dei dati dei clienti o la manutenzione preventiva, osserva l’esperto di Anitec-Assinform. E “più rare ancora sono le aziende – quasi tutte grandi – che puntano sull’IA per valorizzare un vasto patrimonio di dati”, conclude Saracco.
Su questo fronte, il manager ci racconta di un’impresa veneta delle calzature, per la quale l’adozione di strumenti di AI ha permesso di ridurre gli scarti di produzione dal 50% al 10% in poco più di sei mesi.
L’importanza della Data strategy
Da uno sguardo più approfondito degli approcci visti finora, emerge uno scenario in cui l’Italia si colloca appena al di sotto della media europea. Quantomeno se si guarda alle grandi imprese. Sulle Pmi, invece, siamo disallineati, evidenzia Emanuela Girardi, founder di Pop AI, organizzazione no-profit che lavora per spiegare alle persone e alle aziende i vantaggi dell’IA e per aiutarle a mitigarne i rischi. “Il primo ostacolo per le piccole imprese è la mancanza di cultura e di competenze: sanno che l’intelligenza artificiale esiste, ma non hanno ben chiaro come usarla per migliorare le proprie operazioni. Occorre, quindi, partire dalle basi, ovvero dalla trasformazione digitale e dalla raccolta dei dati”, afferma Girardi.
È proprio su quest’ultimo punto relativo alla Data strategy che le aziende italiane segnalano la maggiore criticità, rivela Negri: molti IT leader riferiscono, infatti, di non disporre di dati con quantità e qualità adeguate ad addestrare gli algoritmi di intelligenza artificiale.
Sempre secondo l’Osservatorio del Polimi solo il 9% di quel 34% di grandi imprese entrate nell’era dell’implementazione è all’avanguardia, ovvero possiede una IA strategy completa che abbracci la strategia dei dati, le competenze, la cultura, la capacità di portare l’intelligenza artificiale in ogni line of business e nella gestione delle implicazioni etiche dell’intelligenza artificiale.
Perché e come investire oggi
D’altra parte, perché implementare l’IA in azienda se la tecnologia già presente “funziona”? “L’intelligenza artificiale non è un tradizionale sistema informatico, sarebbe come paragonare tra loro la calcolatrice e il computer”, risponde Girardi. “Senza l’IA nei processi, le imprese – incluse le piccole – rischiano di perdere competitività nei confronti dei loro concorrenti internazionali. Faccio un esempio: ottimizzare con l’intelligenza artificiale gli elementi della logistica permette di ridurre le scorte e quindi il capitale investito e i costi. Così si può fare efficienza o spendere in altre aree strategiche, come la formazione”.
Nelle grandi imprese che già hanno portato l’AI nei loro processi un ulteriore salto di qualità avviene quando l’IA diventa uno strumento per creare nuove fonti di ricavo, non solo per risparmiare. È una strategia proattiva che implica progetti strutturati di lungo termine e l’assunzione di una dose di rischio.
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