Se l’AI è la tecnologia del decennio, all’orizzonte si profila una rivoluzione tecnologica altrettanto dirompente: il calcolo quantistico. È una rivoluzione che sta arrivando con un percorso ribaltato rispetto ad altre storie di successo dell’IT, partendo dagli algoritmi, in attesa dell’hardware che ancora deve raggiungere il mass market. Ma i CIO più visionari già scrivono i programmi e si tengono pronti per la prossima ondata di innovazione per le loro aziende. Il quantum computing, grazie a una potenza e velocità di calcolo senza precedenti, darà una competitività senza paragoni alle imprese che vi accederanno, rafforzando il loro utilizzo dell’intelligenza artificiale.
“Il quantum computing è a un passo dal salto quantico”, ovvero vicina al momento in cui si imporrà come una rivoluzione tecnologica pervasiva, afferma un recente studio del Capgemini Research Institute. Secondo gli analisti, il 55% dei dirigenti e il 44% dei venture capitalist globali prevedono che il calcolo quantistico sarà una delle prime tre tecnologie in campo Computing & Networking nel 2025 per l’impatto generato. Il 41% dei dirigenti prevede di sperimentare proof of concept di calcolo quantistico con casi d’uso limitati, mentre il 27% si aspetta che la tecnologia venga parzialmente portata su scala in alcuni settori della loro azienda nel 2025.
Anche in Italia, diversi CIO considerano il calcolo quantistico “la frontiera”. La sua promessa è nelle enormi capacità computazionali, che permettono, per esempio, di addestrare i modelli di intelligenza artificiale LLM in giorni anziché in mesi. La previsione è che quantum e AI si potenzieranno a vicenda: l’intelligenza artificiale proporrà nuovi algoritmi quantistici e il quantum creerà nuovi algoritmi AI.
Quantum computing, la rivoluzione è alle porte
Ma quando avverrà questo salto quantico e chi riuscirà a padroneggiarlo? Alcuni CIO italiani più visionari ci hanno detto di aver già scrittogli algoritmi, pur non essendoci ancora l’hardware su larga scala. È difficile prevedere quando il computer quantistico sarà disponibile per tutti, ma, a quel punto, farà la differenza in termini di innovazione e competitività per le aziende che vi accederanno. Ovviamente, per le sue peculiari caratteristiche, si tratta di hardware che pochi grandi gruppi tecnologici possiederanno e, quindi, farà la differenza anche sul lato dei fornitori, imponendo sul mercato le big tech o le startup che avranno i computer quantistici per i propri usi e per renderli disponibili come servizio a terzi. Per le imprese l’accesso avrà probabilmente una modalità a consumo simile a quello del cloud, con un ulteriore costo.
Un’altra frontiera è quella della cifratura quantistica: con l’arrivo del calcolo quantistico su larga scala, infatti, la cifratura classica potrà essere scardinata. Nella sua guida “2025 Budget Planning Guides”, Forrester scrive che i criminali informatici stanno già accumulando dati sensibili vulnerabili agli attacchi quantistici e le imprese dovrebbero, fin da ora, considerare attentamente gli sviluppi della crittografia post-quantistica per isolare le risorse critiche e proteggere i loro dati.
Anche Gartner prevede che, entro il 2029, i progressi dell’informatica quantistica renderanno insicura la maggior parte della crittografia asimmetrica convenzionale. Ma anche per le aziende arriveranno nuovi strumenti di cybersicurezza basati sul quantum e la crittografia post-quantistica è considerata uno dei grandi trend tecnologici dei prossimi anni, perché offre una protezione dei dati resistente ai rischi di decrittazione dell’informatica quantistica. L’importante è che le imprese comincino a prepararsi oggi per la cybersicurezza di domani.
Metaverso e blockchain, a che punto siamo
La crittografia quantistica aiuterà, nello specifico, a rispondere alle minacce di sicurezza che usano la GenAI, la tecnologia che quest’anno ha rubato la scena, mettendo in ombra le altre tecnologie che sembravano promettere la disruption solo un paio di anni fa. Tra queste il metaverso sembra non aver mantenuto le promesse iniziali: alcuni CIO pensano che le applicazioni siano limitate ad ambiti specifici, come il marketing o la formazione. Ma qualche progetto esiste.
“Il metaverso, da un lato, ha deluso. Ma per specifiche applicazioni è utile”, afferma Angelo Ruggiero, Head of IT di Unilever Italy. “Noi abbiamo fatto un PoC del metaverso a supporto dell’HR e ci sembra promettente”.
Unilever, spiega Ruggiero, è un’azienda molto complessa, una multinazionale dei prodotti del largo consumo che gestisce numerosi brand che fanno capo ad altrettante unit con i loro responsabili. Quando un neo-assunto entra in azienda, occorre spiegare a questa persona il funzionamento delle varie divisioni e introdurlo ai diversi direttori. Per gestire questo processo, Unilever ha creato un PoC di un metaverso che simula gli uffici e dove il neo-assunto può entrare e incontrare i vari responsabili di settore. Questi – ovvero i loro avatar – spiegano nel dettaglio la loro funzione.
“È un mondo virtuale in cui si entra senza occhiali, ma via smartphone, per semplicità”, dichiara Ruggiero. “È, dunque un metaverso meno tridimensionale, ma più accessibile e con un roll-out più facile per l’IT. Al progetto abbiamo lavorato noi insieme all’HR per preparare i requisiti”, prosegue il manager, “poi lo sviluppo vero e proprio è stato svolto da un partner esterno”.
Anche la blockchain rimane applicata in aree circoscritte, ma convince di più i CIO: la percezione è che sia una tecnologia consolidata e funzionante, benché per usi specifici.
“La blockchain, in Italia, è ancora vista come una tecnologia di frontiera, anche se la consapevolezza e l’interesse stanno crescendo”, afferma Vincenzo Vitiello, Innovation Manager, ricercatore ed esperto in sicurezza informatica e protezione dati. “La sua adozione si concentra prevalentemente in alcuni settori, tra cui finanza e assicurazioni, per ottimizzare transazioni, ridurre i rischi di frode e garantire trasparenza nelle operazioni, supply chain, per garantire tracciabilità e autenticità dei prodotti, sicurezza, per la verifica dell’identità digitale e protezione delle transazioni aziendali. Inoltre, in combinazione con l’AI, la blockchain aiuta a creare ecosistemi trasparenti e sicuri per la gestione di dati e algoritmi, garantendo che i modelli di intelligenza artificiale siano tracciabili e non manomessi. Per molte PMI italiane, tuttavia, la tecnologia rimane ancora in fase di esplorazione, spesso ostacolata da costi percepiti come elevati, mancanza di competenze interne e dubbi sulla scalabilità. Parlo di percezione, perché l’ostacolo, spesso, è prettamente culturale”.
Nel nuovo studio di Anitec-Assinform “Il digitale in Italia 2024” la blockchain è inserita nel gruppo delle tecnologie emergenti con tassi di crescita rilevanti, ma una dimensione ancora molto contenuta. Al primo posto ci sono AI e cognitive computing (909 milioni di euro di valore nel 2024 e crescita prevista del 25,6% tra il 2024 e il 2027), poi segue la blockchain, che fattura appena 70 milioni di euro, ma ha un tasso di espansione previsto del 20,7% tra il 2024 e il 2027. Le aree di applicazione, conferma lo studio, sono concentrate in alcuni settori, in particolare quello bancario (spunta interbancaria, gestione delle garanzie bancarie) e nei comparti industriali e del trasporto (gestione contratti, tracking di produzione, consegne e prodotti).
Ma, secondo Vitiello, il 2025 potrebbe rappresentare un punto di svolta, grazie a normative più chiare (le iniziative europee come la European Blockchain Partnership e il regolamento MiCA, Markets in Crypto-Assets) e la maturazione delle tecnologie correlate, in particolare, l’integrazione della blockchain con IoT, AI e 5G, che sta creando ecosistemi tecnologici più completi e interconnessi. Le applicazioni pratiche che potrebbero far decollare la tecnologia sono nella formazione, nella creazione di token per rappresentare beni fisici o digitali, e nella notarizzazione, soprattutto in settori con esigenze di tracciabilità, trasparenza e sicurezza, compreso il no-profit.
La sostenibilità continua ad essere fondamentale
Intanto, questa esplosione di potenza dell’IT ha un impatto sulla sostenibilità. Le aziende aumenteranno gli investimenti in cloud pubblico (Gartner [in inglese] prevede un aumento a 723,4 miliardi di euro nel 2025 contro i 595,7 miliardi nel 2024) anche per sostenere le elaborazioni delle applicazioni di intelligenza artificiale, ma questo boom interconnesso di cloud, dati e AI pone una sfida sia per il settore dei data center, visto il notevole consumo energetico e idrico, sia per i CIO, perché la potenza computazionale pesa sull’ambiente e sui conti aziendali.
Infatti, sono sempre più numerosi i CIO in Italia che pensano che l’espansione del cloud potrebbe frenare la sua corsa a causa dei costi insostenibili. Come osserva Luciano Ragazzi, Dirigente IT di EAV (Ente Autonomo Volturno, Regione Campania), oggi tutti i grandi vendor tecnologici stanno spostando la loro offerta su prodotti cloud, ma questi si pagano ad utente annualmente e rappresentano una spesa Opex che comincia a pesare.
“Pensiamo alle licenze che, anni fa, pagavamo con un acquisto pluriennale e che ora, invece, dobbiamo pagare ogni anno per ogni dipendente. Rappresentano fino al 40% del mio intero budget IT: una spesa insostenibile e difficile da giustificare al top management”, afferma Ragazzi. “Noi preferiamo la spesa Capex, che ci dà prevedibilità e certezza, e non siamo gli unici: diverse aziende stanno andando in questa direzione. Non significa che si tornerà indietro dal cloud, ma, probabilmente, si cercherà qualche modo per ridimensionarne l’uso”.
Il futuro? Lo plasmeranno anche i CIO
Guardando più avanti nel futuro, Capgemini sottolinea un ulteriore trend: lo sviluppo dell’intelligenza artificiale generale (AGI), frutto dei grandi progressi nelle capacità di ragionamento dell’AI. In questo contesto, il 60% dei dirigenti e il 60% dei venture capitalist intervistati dal Capgemini Research Institute ritengono che questa tecnologia raggiungerà la maturità e diventerà commercialmente sostenibile entro il 2030. Ma sarà anche in grado di imitare l’intelligenza umana al punto da renderla irrilevante e convincere i CIO a usarla al posto delle persone?
“Ogni volta che un tool o una novità ottengono le prime pagine, si diffonde la sensazione che non se ne possa fare a meno nemmeno più per fare colazione alla mattina, e che chi non la usi ancora sia un reperto archeologico”, afferma Raffaele Ghedini, economista e presidente di Oikyweb (azienda specializzata nell’offerta di servizi integrati per i prodotti e da oltre 20 anni nel settore dell’home delivery). “Fortunatamente i CIO sono persone competenti ed equilibrate, che sanno valutare se e quando la bilancia costi-benefici di un intervento diventa positiva, e solo in quel momento si muovono concretamente, sapendo resistere anche alle pressioni mediatiche. Su questi argomenti, non dovremmo mai dimenticarci l’insegnamento del millenium bug: è opportuno che le aziende, e in generale il mondo professionale, si muovano in modo serio quando le tecnologie sono diventate robuste e stabili, e non solo attraenti. Ritengo che i CIO sappiano valutare questi aspetti molto bene”.
Anche i CIO, dunque, potranno giocare il loro ruolo nel decretare il successo di una tecnologia, dimostrando che è meritevole di oltrepassare la frontiera per diventare pervasiva, perché la sua portata innovativa è concreta e sostenibile.
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