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Le 15 tecnologie più sottovalutate nel settore IT

L’intelligenza artificiale continua a dominare le discussioni sulla tecnologia, perché i dirigenti – e i lavoratori a tutti i livelli – cercano di utilizzarla per rendere il lavoro più facile, più veloce e, in definitiva, più redditizio.

Questo entusiasmo è per lo più giustificato, in quanto l’AI sta già fornendo valore in molti modi. Ma può essere esagerato, come dimostra il numero di tecnologie presenti nella nostra lista delle più sopravvalutate [in inglese], e non è l’unica da venerare. Certamente, oggi, ce ne sono molte degne di essere elogiate, perché sono, davvero, in grado di spostare l’ago della bilancia che, spesso, ricevono meno attenzione di quel che meriterebbero.

Ma quali sono, quindi, le tecnologie sottovalutate che meritano più credito? Abbiamo posto questa domanda ad analisti, CIO e ricercatori. Ecco cosa ci hanno risposto.

1. Small Language Model/Small AI

Gli Small Language Model (SLM) rientrano, di diritto, sotto l’ampio ombrello dell’intelligenza artificiale, tuttavia questo sottoinsieme non riceve il riconoscimento di importanza che gli spetta, afferma Stu Carlaw, Chief Research Officer di ABI Research.

Gli SML sono addestrati su set di dati più piccoli (come suggerisce il nome stesso), in contrasto con i più noti Large Language Model (LLM), come ChatGPT, che sono lavorano sulla base di grandi quantità di dati. Carlaw sostiene che le aziende possono utilizzare i modelli più piccoli per apprendere informazioni molto specifiche e circoscritte [in inglese], come i manuali di formazione interna, e poi utilizzare questi modelli per automatizzare i processi correlati.

“Ci si circonda di set di dati più piccoli, ponendo domande più mirate, molto più allineate alle proprie esigenze”, spiega Carlaw.

Questo, dice, aiuta a portare più rapidamente e facilmente aumenti di produttività ed efficienza all’azienda.

2. AMR e co-bot

Allo stesso modo, Carlaw ritiene che anche gli Autonomous Mobile Robot (AMR) e i co-bot rientrino nella categoria sottovalutata.

I primi sono, fondamentalmente, robot in grado di muoversi nell’ambiente e di svolgere i compiti assegnati senza un operatore. I co-bot sono simili, con la differenza principale che sono progettati per lavorare a fianco dell’uomo.

Carlaw osserva che i progressi degli AMR e dei co-bot hanno portato entrambi a svolgere più lavori che mai, in particolare compiti ad alta intensità di manodopera a bassa qualifica, come ispezioni, garanzie di qualità, consegna di parti e assistenza alle macchine. Possono svolgere tali attività in modo continuativo e più accurato. E liberano gli esseri umani per svolgere compiti di maggior valore e più coinvolgenti che non possono essere automatizzati.

3. Sicurezza IoT

L’Internet delle cose – la vasta collezione di dispositivi endpoint, come i sensori connessi che inviano, ricevono e agiscono sui dati – è in uso da decenni. Ma l’IoT non ha ancora raggiunto il livello di sicurezza che molti vorrebbero. Con tutto ciò che ne consegue in relazione ai rischi che le imprese si assumono, dichiara Brian Hopkins, vice president per le tecnologie emergenti e principal analyst di Forrester Research, soprattutto quando le operation diventano sempre più mainstream [in inglese].

“Stiamo inserendo più ‘cose’ nella nostra azienda, e ognuna di queste è una potenziale superficie di attacco”, aggiunge.

Ecco perché la sicurezza dell’IoT è un tema così importante.

Forrester la descrive come un insieme di tecnologie che “combinano la sicurezza dei dispositivi IoT, delle applicazioni e della rete per identificare, proteggere, gestire, autenticare e autorizzare i dispositivi; proteggere i dati; controllarne l’accesso e consentire la distribuzione sicura del firmware”. La società di ricerca ha indicato la sicurezza IoT come una delle sue 10 principali tecnologie emergenti nel 2024 [in inglese]

4. Zero Trust ed edge

L’ex analista di Forrester John Kindervag ha coniato il concetto di Zero Trust [in inglese] nel 2009: si basa sulla convinzione che la fiducia sia una vulnerabilità.

Ora Forrester sta promuovendo l’applicazione di questi principi all’edge [in inglese], un caso d’uso che, secondo Hopkins, è decisamente necessario, ma non ancora pienamente apprezzato. “L’idea è di non fidarsi di nulla e di ispezionare tutto nella propria azienda. Applicato a edge si applica in tutti i suoi ambienti”, sottolinea Hopkins, spiegando che la creazione di questo modello si basa sia sulle tecnologie di sicurezza che sulle capacità dell’architettura, come il software-defined networking [in inglese]

5. Tecnologie quantistiche sicure

Sebbene l’informatica quantistica sia ancora lontana, Carlaw si dice convinto che arriverà prima di quanto molti prevedano. E le imprese devono essere pronte per il giorno in cui accadrà [in inglese]. Non è, Infatti, un caso che i ricercatori cinesi abbiano recentemente svelato un metodo con cui i sistemi di elaborazione quantistica potrebbero decifrare la crittografia classica [in inglese], compresa la RSA.

Un modo per farlo è guardare a lato sicuro di questa tecnologia [in inglese] che comprende la crittografia post-quantistica (PQC), l’infrastruttura a chiave pubblica (PKI) e la distribuzione di chiavi quantistiche (QKD).

6. Tecnologie di rafforzamento della privacy (PET)

Questa è un’altra classe di tecnologie che non viene considerata, dice Dera Nevin, direttore generale dei Digital Insights e del Risk Management di FTI Consulting.

Le PET sono definite come un’ampia serie di strumenti che comprendono, per esempio, la crittografia end-to-end e metodi integrati nei prodotti e nelle funzioni per proteggere la privacy dei dati.

Sebbene i singoli utenti spesso implementino tipologie di PET quali le reti private virtuali (VPN) sui propri dispositivi, le imprese possono adottare tool come gli anonimizzatori e i minimizzatori di dati all’interno del proprio ambiente per ridurre i rischi e migliorare le funzionalità di privacy offerte ai clienti con cui effettuano transazioni.

7. Identità digitale decentralizzata (DDID)

Un’altra tecnologia un po’ sottovalutata, secondo Hopkins, è l’identità digitale decentralizzata (DDID) [in inglese].

Forrester la descrive come un insieme di “tecnologie e reti di identità (emissione e revoca di informazioni basate su blockchain) che forniscono credenziali decentralizzate, distribuite, verificabili e revocabili, nonché rivendicazioni basate sulla fiducia tra emittenti, verificatori e utenti. Queste funzionalità consentono di generare e controllare la propria identità digitale senza dipendere da uno specifico fornitore di servizi”.

La società di analisi e ricerche definisce il DDID anche come “la prossima fase della gestione dell’identità e dell’accesso pensata per la privacy”.

Nonostante i suoi vantaggi, il mercato sta prendendo piede solo ora. “E sarà sempre più importante”, ha detto Hopkins.

8. Le data platform di nuova generazione

Anche le data platform di ultima generazione raramente ricevono il clamore che meritano, secondo Erik Brown, senior partner senior per la tecnologia e l’experience della società di servizi digitali West Monroe.

Brown identifica il concetto in quelle costruite nel cloud utilizzando software e funzionalità cloud-native per offrire scalabilità e flessibilità, che sfruttano questi strumenti per gestire, elaborare e analizzare i dati in loro possesso, e che possono operare su dati strutturati e non. Supportano anche l’elaborazione in tempo reale, nonché l’analisi e l’intelligence avanzate.

Oggi non sono pienamente riconosciute per la base che forniscono, rileva Brown, “nonostante il fatto che, aggiunge – rendano più facile la gestione di enormi quantità di dati distribuiti”.

“Senza di esse, non è possibile fare cose significative come l’AI”, ha detto.

9. I software per la gestione dei dati

Sebbene l’AI riceva tutta l’attenzione, i componenti-chiave che la fanno funzionare spesso non lo fanno. Come nel caso delle base dati.

Anche coloro che sono all’avanguardia nella gestione delle informazioni spesso minimizzano il potente lavoro svolto dagli strumenti di gestione dei dati. Per questo motivo, Hemenway ritiene che il software di gestione dei dati meriti un maggiore riconoscimento per l’importante contributo che offre, anche se spesso viene considerato un’attività noiosa che non ha la capacità – e quindi il fascino – di sfruttare al meglio ChatGPT.

Tuttavia, una buona gestione dei dati è un pilastro per l’AI e per le altre attività di analisi, che sono alla base di tutta una serie di processi ritenuti critici nelle aziende moderne, dai processi automatizzati all’assistenza clienti personalizzata. Perciò è essenziale che sia corretta.

10. I dati sintetici

“Si è parlato molto di dati sintetici, ma non credo che se ne sia parlato abbastanza”, riflette Hopkins.

I dati sintetici [in inglese], definiti come dati generati dall’AI piuttosto che prodotti da eventi e transazioni del mondo reale, si stanno rivelando una manna per l’addestramento dell’intelligenza artificiale.

“A mio parere, c’è molto margine sui dati sintetici nella loro capacità di trasformare il modo in cui addestriamo l’IA. Tuttavia, in genere, non si sa fino a che punto possiamo utilizzarli per migliorarla. Per questo motivo, è un argomento che passa inosservato”, continua Hopkins.

11. Lo spatial computing

C’è stato un gran fermento intorno al metaverso in arrivo, diversi anni fa, con un entusiasmo che ha raggiunto l’apice nel 2021, quando Facebook ha annunciato di voler cambiare il suo nome in Meta, un cenno a ciò che il gigante dei social media vedeva per il futuro dell’informatica.

Ma senza grandi scoperte, l’interesse si è affievolito e il metaverso si è ritrovato in molti elenchi tecnologici sopravvalutati. Ma è opportuno non essere troppo rapidi nel cancellarlo, avverte Brown.

Secondo il manager, la realtà aumentata e la realtà mista, in particolare, non ricevono l’attenzione che meritano, forse a causa del clamore che ha creato prima che la tecnologia fosse pronta. Tuttavia, i progressi sia nell’hardware che nel software stanno permettendo alla tecnologia di fornire un valore significativo per le aziende, in particolare per la formazione e per il lavoro collaborativo.

12. I software per la gestione IT

I CIO e i loro team non possono svolgere il loro lavoro, né costruire e gestire l’ampio stack tecnologico necessario per supportare l’AI e qualsiasi altra tecnologia innovativa che arriva oggi sul mercato, se non hanno un controllo sul loro ambiente IT.

Il software di gestione IT li aiutano a svolgere questo compito, con un grado di stabilità e affidabilità praticamente perfetto.

“Tutto ciò che rientra nella categoria degli strumenti di gestione IT viene spesso messo da parte, ma questi sono i cavalli di battaglia dell’Information Technology”, afferma John Buccola, CTO di E78 Partners, che fornisce consulenza e servizi gestiti nella tecnologia finanziaria e in altre aree professionali.

Gli strumenti che Buccola inserisce in questa classe di “eroi non celebrati” includono Active Directory e le soluzioni di gestione degli accessi e delle identità. (“Semplificano davvero gli ambienti eterogenei”, osserva Buccola, che è anche un funzionario del capitolo del Suothern California chapter della Society for Information Management).

“Non ci si pensa. Funzionano e basta, e questo è ciò che le persone vogliono dall’IT”, aggiunge.

Altri strumenti degni di nota sono quelli per la gestione dei servizi IT (ITSM) [in inglese] e le soluzioni per l’IT Infrastructure Library (ITIL) [in inglese] che, secondo Buccola, sono particolarmente importanti per aiutare a tenere sotto controllo le spese tecnologiche.

In effetti, sarebbe quasi impossibile trovare un CIO che riesca a essere diligente nella gestione dei costi IT senza gli strumenti di gestione che lo aiutano.

“Queste cose non vengono molto pubblicizzate, ma sono essenziali per i team tecnologici”, indica Buccola.

13. Il cloud computing

Torniamo indietro di 15 anni, quando il cloud era la tecnologia che catalizzava tutta l’attenzione, e gli analisti cercavano di riportare il tutto alla realtà.

Oggi il modello non sembra più essere la meraviglia che era stata un tempo ma, se ci pensiamo bene, merita ancora molte lodi.

“È stato uno dei passaggi tecnologici più abilitanti che abbiamo mai avuto e oggi ci permette di fare tutto quello che stiamo facendo ora. Ma è passato completamente in secondo piano, perché l’AI ha risucchiato tutta l’aria che c’era intorno”, evidenzia Mark Taylor, CEO della Society for Information Management (SIM).

14. Gli ERP cloud-based

La pianificazione delle risorse aziendali (ERP) basata sul cloud è un’altra tecnologia dietro le quinte che spesso viene trascurata a favore di elementi più nuovi e brillanti, afferma Jeff Stovall, CIO di Abt Associates, che sottolinea come agli ERP basati sul cloud venga raramente riconosciuto quanto siano critici per la trasformazione digitale.

“Abbiamo ERP per tanti anni, abbiamo fatto progetti ERP per decenni, ma con gli ERP in cloud, c’è un cambiamento nel modo in cui le aziende possono innovare”, dice Stovall, che è anche ex CIO della Città di Charlotte e membro del consiglio di amministrazione di SIM.

Passando dall’on-premise al cloud, le imprese possono ripensare i loro processi aziendali e trasformare il modo in cui vengono gestiti gli aspetti fondamentali del loro lavoro, aggiunge. “È un catalizzatore per la trasformazione, ma è trascurato, perché siamo diventati così abituati al concetto di ERP che non pensiamo alle sue capacità di trasformazione”, tiene a precisare.

In effetti, Stovall vede che alcune aziende rimangono con l’ERP on-premise anche quando cercano di trasformare altri elementi del loro ambiente IT e dei processi aziendali, non rendendosi conto di quanto potrebbero ottenere di più se modernizzassero questo nucleo fondamentale e i processi che supporta.

15. Gli strumenti di migrazione nel cloud

Yugal Joshi, partner della società di ricerca e consulenza Everest Group, elenca la valutazione del cloud come un’altra tecnologia sottovalutata e sottoutilizzata.

Gli strumenti di valutazione e migrazione del cloud, o le piattaforme di abilitazione al cloud, aiutano i team IT ad analizzare e comprendere le applicazioni e l’infrastruttura “sulla nuvola”, in modo da avere le informazioni necessarie per una solida roadmap della sua implementazione.

Certo, altre tecnologie come i software di audit IT, possono essere d’aiuto, così come è possibile procedere con le valutazioni manuali, ma per Joshi i tool di valutazione hanno dimostrato di aumentare le possibilità di successo delle iniziative cloud.

“I CIO a volte pensano di non aver bisogno di questo strumento perché il passaggio al cloud è diventato pervasivo. Pensano che la migrazione sia facile, quando, invece, è complessa, e la scelta dei fornitori e delle offerte è aumentata, così come la complessità”, conclude il manager.


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Source: News

Category: NewsDecember 5, 2024
Tags: art

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