I CIO hanno un’agenda stracolma, fitta di numerose questioni critiche e complesse che dominano il loro tempo e la loro attenzione.
Non sorprende che la capitalizzazione dell’IA sia in cima alla lista delle cose da fare, così come la creazione delle giuste aspettative, e di tutto ciò che può generare sicurezza e fiducia intorno a essa. Anche la gestione del cambiamento è fondamentale per i Chief Information Officer di oggi.
Se, e in che misura, questi e altri grandi temi abbiano un impatto sui CIO dipende da vari fattori, come le dimensioni del reparto IT che sovrintende, quelle dell’azienda, il settore di appartenenza e così via. Non c’è dubbio che tutto ciò riguardi un numero significativo di dirigenti IT che cercano di fornire valore aziendale attraverso l’Information Technology.
Tenendo presente tutte queste variabili, ecco una panoramica di ciò che ricercatori, consulenti e Chief Information Officer descrivono come alcuni tra i maggiori problemi che i leader IT stanno affrontando in questo momento.
1. Sfruttare l’IA in modo intelligente
L’intelligenza artificiale è, da anni, uno strumento per guidare l’innovazione e l’automazione, nonché per incrementare il vantaggio competitivo dell’azienda. La sua salita nell’elenco delle priorità dell’IT è avvenuta, soprattutto, dopo l’arrivo sul mercato di ChatGPT e della serie di altri tool che ne sfruttano le potenzialità, in particolare nel campo dell’IA generativa. Tutto ciò ha portato in superficie problemi specificamente legati alle tecnologie in questione [in inglese], in una novero di aziende molto ampi.
Tra le sfide da affrontare, una delle più rilevanti riguarda proprio la possibilità di trarre il massimo vantaggio dalle capacità dell’IA, non solo per paura di perdere opportunità, ma per offrire un valore che possa definirsi davvero tale.
“Non tutte le imprese hanno le stesse possibilità, a breve termine, di applicare l’intelligenza artificiale in modo tale da cambiare materialmente il loro modello di business. Ma tutti se ne preoccupano e si chiedono come migliorerà la produttività, la presenza sul mercato e la qualità del processo decisionale”, precisa Jeff Stovall, CIO di Abt Global, che fa poi notare come stia lavorando con i suoi colleghi dirigenti all’identificazione dei migliori casi aziendali nei quali introdurre l’IA in aazienda.
Diane Carco, presidente e CEO della società di consulenza gestionale Swingtide ed ex CIO, racconta come questo problema sia molto sentito in ogni organizzazione aziendale.
“I membri della C-suite si rivolgono al Chief Information Officer per dare un senso all’intelligenza artificiale, i fornitori di applicazioni commercializzano le varie tecniche di questa tecnologia – siano esse giustificate o meno – in una modalità che si avvicina al fanatismo religioso, e i dipendenti esplorano gli strumenti di IA generativa senza una guida”, osserva. “Il Chief Information Officer sta giocando a rimpiattino. E, la formazione interna, compresa l’autoformazione, è un imperativo categorico”.
2. Stabilire aspettative realistiche per l’IA
I CIO sostengono di dedicare molto tempo nel definire aspettative realistiche sulle capacità dell’IA: una sfida difficile visto il clamore suscitato [in inglese].
“C’è una percezione generale che l’intelligenza artificiale, generativa e non, possa risolvere ogni tipo di problema”, aggiunge Stovall, che è anche membro del board nazionale della Society for Information Management e responsabile del DEI Committee lead for SIM. “Tuttavia, non si tratta di uno strumento di uso generale con il quale si possa realizzare qualsiasi cosa”.
Il manager indica un caso d’uso all’interno della sua azienda che illustra la necessità per i CIO di stabilire aspettative realistiche, dato che i lavoratori guardano all’intelligenza artificiale per risolvere un elevato numero di problemi sul posto di lavoro. La sua impresa, per esempio, sta utilizzando l’IA per scrivere le offerte, potendo contare su un significativo aumento di produttività nello svolgere questo compito. Ma ha anche istruito i colleghi sul potenziale di imprecisioni, per non dire di vere e proprie hallucination, sottolineando la necessità di una forte supervisione umana e di una garanzia di qualità per massimizzare il valore dell’intelligenza artificiale e per controllare i rischi connessi.
“L’IA non fa tutto bene, e in questa fase non può essere utilizzata per sostituire completamente l’elemento umano: è, semmai, uno strumento per incrementarne la valenza”, prosegue Stovall.
3. Creare un’IA sicura e affidabile
Nonostante i limiti dell’intelligenza artificiale, le aziende stanno portando avanti le loro iniziative di IA [in inglese] e, come nel caso di tutte le implementazioni tecnologiche, i progetti di questo tipo richiedono ai Chief Information Officer e ai loro team di valutare le capacità, integrarle nell’infrastruttura IT e, quando necessario, personalizzarle.
Ma stanno anche spendendo molte energie per capire i rischi unici che l’intelligenza artificiale presenta [in inglese], per educare gli utilizzatori su di essi, e per comprendere in che modo, in qualità di leader tecnologici, possono contrastare tutti i timori che si collegano al suo impiego [in inglese].
Anthony Moisant, CIO e Chief Security Officer di Indeed, una piattaforma di ricerca e selezione del personale, sostiene che il compito del CIO sia quello di creare un’IA sicura, affidabile e responsabile [in inglese]. “Si tratta di capire come fare in modo che questa incredibile tecnologia trasformativa non crei disagi lungo tutta la sua linea di applicazione”, spiega.
4. Rafforzare la sicurezza dei dati
Tutto il lavoro fatto fino a oggi sull’intelligenza artificiale ha, ulteriormente, evidenziato il valore dei dati, sia per le aziende che per gli hacker e ciò, insieme alla sempre maggiore sofisticazione dei criminali e alle conseguenze di un attacco, ha aumentato la pressione sui CIO.
“Le indicazioni sono che gli hacker/agenti ransomware stanno diventando più aggressivi. Allo stesso tempo, le operation e il processo decisionale dipendono sempre più dalla disponibilità e dall’accuratezza dei dati. Intanto, il perimetro di esposizione si allarga con la proliferazione dei lavoratori da remoto e dei dispositivi connessi. Si tratta di una ‘corsa agli armamenti’, e il Chief Information Officer deve guidare la carica implementando strumenti e formazione migliori”, evidenzia Carco.
5. Stare al passo con il ritmo sempre più rapido del cambiamento
Nel febbraio del 2024, la società di servizi professionali Deloitte ha intervistato 211 CIO e leader tecnologici con sede negli Stati Uniti, e ha scoperto che una delle principali priorità dei Chief Information Officer è quella di non restare indietro con le tecnologie e le soluzioni emergenti.
“Il ritmo del cambiamento sta aumentando, e riuscire a stare al passo è sempre più difficile”, dichiara Lou DiLorenzo Jr., direttore e leader nazionale del programma CIO degli Stati Uniti di Deloitte Consulting LLP, nonché AI e data strategy leader practice leader dell’azienda.
DiLorenzo riconosce che i Chief Information Officer hanno sempre dovuto rimanere aggiornati con le nuove tecnologie, perché ciò rappresenta una parte importante del loro lavoro. Così come comprendere che la rapida evoluzione della tecnologia non è una novità.
“Ma ora è diverso, perché la rapidità in cui questo avviene è maggiore”, sottolinea, indicando, come esempio, la maturazione esponenzialmente veloce della genAI. “La continua evoluzione delle capacità di chi fornisce la tecnologia e delle persone che le abilitano sta cambiando in modo più drastico rispetto al passato”.
Di conseguenza, i CIO dovranno rivalutare i fornitori più spesso e più rapidamente, il che richiede una maggiore orchestrazione dell’insieme [in inglese].
“Richiede un diverso livello di valutazione della ‘opzionalità’ nell’architettura IT”, aggiunge DiLorenzo. C’è bisogno di maggiore flessibilità e modularità, con la consapevolezza che un forte numero di componenti tecnologici che non verranno più mantenuti per lunghi periodi.
6. Gestire i vendor per l’ambiente di oggi
Carco di Swingtide individua un problema correlato che molti CIO si trovano, oggi, ad affrontare: la gestione efficace dei fornitori, in considerazione del fatto che il loro numero, all’interno delle funzioni IT, cresce in modo sempre più elevato.
“I Chief Information Officer si stanno rendendo conto che un’organizzazione costruita per le operation interne non è più adatta a gestire decine o centinaia di vendor esterni, e la proliferazione degli obblighi contrattuali può essere schiacciante. In caso di emergenza, sapere chi possiede i vostri dati, quali sono i loro obblighi contrattuali per salvaguardarli, e come si comportano, è diventato estremamente difficile”, dichiara Carco.
Queste sfide hanno spinto i CIO a rafforzare le loro pratiche di gestione dei fornitori [in inglese], trasformandole [in inglese] da “un lavoro secondario per le risorse tecniche” a una vera e propria disciplina con una differenziazione dei ruoli ben definita.
7. Implementare la sicurezza tanto rapidamente quanto la tecnologia
Ricki Koinig, CIO Wisconsin’s Department of Natural Resources, dice che uno dei problemi più significativi che si ritrova, oggi, a dover affrontare è “la realizzazione un numero sempre maggiore di progetti e, allo stesso tempo, il poter garantire che la loro sicurezza sia pienamente finanziata e supportata”.
Dopodiché, mette in evidenza come i Chief Information Officer siano spesso davanti a un bivio: accelerare l’implementazione delle pratiche di sicurezza o limitare le consegne in modo che la sicurezza possa tenere il passo?
Questo stato di cose sta provocando un bel po’ di introspezione, e spinge a chiedersi: “Cosa ci sta ostacolando? E come possiamo trovare le opportunità per andare avanti?”
Koinig segnala alcune dinamiche impegnative su questo fronte.
“La maggior parte delle aziende non considera i propri reparti IT esclusivamente come unità di cybersecurity, quanto piuttosto come divisioni di fornitura e supporto IT. Ciò significa che fornire di più con meno tempo e denaro è spesso visto come la vera misura del successo del reparto IT. Le pratiche di sicurezza possono essere considerate, nel migliore dei casi, come semplici attese e, nel peggiore, come ritardi che richiedono tempo nella consegna dei progetti”, rileva.
E poi aggiunge: “Conversazioni e campagne incessanti sull’importanza di finanziare e concedere tempo per le attività di security all’interno dei progetti possono essere inferiori alle aspettative e, quindi, potrebbe essere utile ripensare gli approcci all’interno dell’azienda. L’arte è sempre quella di bilanciare costantemente gli sforzi tra le aspettative di delivery e i crescenti requisiti di sicurezza”.
8. Identificare, comunicare, e fornire valore
La maggioranza degli amministratori delegati vede la tecnologia non solo come un supporto alla loro attività, ma come parte integrante di essa. Secondo Deloitte, il 57% degli AD prevede di integrare le nuove tecnologie nei modelli aziendali per trovare opportunità di crescita [in inglese].
Moisant sostiene che i CIO stanno rispondendo con l’adozione di una mentalità orientata al prodotto [in inglese] e identificando le opportunità abilitate dalla tecnologia che offrono un valore dirompente, non solo incrementale. L’obiettivo, spiega, è quello di “sconvolgere essi stessi creando nuovi valori fondamentali con la tecnologia”.
Ciò comporta una maggiore pressione sui Chief Information Officer, i quali devono riconoscere dove e come la tecnologia può produrre valore per l’azienda, e comunicare efficacemente questa visione, chiarisce DiLorenzo.
“I CIO devono tradurre ciò che fanno e perché tali attività sono importanti per la loro azienda e per i loro clienti in un modo davvero convincente”, aggiunge.
9. Tenere la spesa IT sotto controllo
I CIO non devono pensare soltanto all’economia dei loro sforzi di innovazione: devono rimanere concentrati anche sull’economia della loro spesa IT complessiva.
Stovall di Abt Global, per esempio, dice di essere “molto cauto e conservativo” con i suoi investimenti nell’Information Technology, notando che un senso generale di incertezza su ciò che ci aspetta sta guidando il suo approccio.
E non è il solo a pensarla così.
Moisant di Indeed dice di essere diventato più attento a trovare le efficienze e a eliminare alcune delle complessità che sono state aggiunte durante la forte crescita e il ciclo di investimenti degli ultimi anni.
Carco sostiene di vedere molti Chief Information Officer adottare approcci simili, aggiungendo come spetti loro affrontare una grande sfida in questo settore.
“La tecnologia continua a permeare il business in modo sempre più profondo. L’IT ha superato il ruolo di utile motore della produttività e satura sempre più tutte le funzioni dell’impresa, compresa la relazione con i clienti”, osserva. “La gestione della spesa IT è sempre più difficile e richiede di fare ordine nelle vecchie tecnologie e nelle vecchie relazioni per garantire che il denaro non venga sprecato, un’attività che ha bisogno di risorse dedicate”.
10. Attrarre e trattenere i talenti
Attrarre e trattenere i talenti è da tempo una delle questioni principali per i CIO, ma Larry Bonfante, fondatore e CEO di CIO Bench Coach, afferma che non solo continua ad essere un’area di lavoro intensa, ma che potrebbe diventare ancora più critica.
“È sempre stato un problema, ma ora è esponenzialmente più impegnativo e complesso”, dichiara.
I motivi principali sono due. In primo luogo, i baby boomer lasceranno la forza lavoro in numero sempre maggiore nei prossimi anni, e vi saranno sempre meno lavoratori più giovani destinati a sostituirli. In secondo luogo, i lavoratori di oggi hanno idee diverse su come, dove e quando il lavoro deve essere svolto. Per esempio, un numero crescente di persone rinuncia alle tradizionali posizioni a tempo pieno e lavora, invece, come lavoratore a contratto, o “gig”. E in molti si aspettano di avere orari flessibili e opzioni di lavoro da remoto con alcune opportunità in ufficio.
“C’è una confluenza di problemi che si uniscono”, rileva.
Dinamiche come queste portano i Chief Information Officer a dover adattare le loro strategie di reclutamento e di fidelizzazione se vogliono attirare e mantenere i talenti, aggiunge Bonfante.
“I leader più intelligenti stanno creando un ambiente ibrido, in modo che ci sia un’interazione umana sufficiente, ma che ci sia anche flessibilità e autonomia”, tiene a precisare, osservando come i dirigenti più intelligenti lavorino per creare orari funzionali a ogni individuo, piuttosto che avere una politica unica per tutti.
I migliori CIO adottano lo stesso approccio alle strategie di fidelizzazione, adattando le opportunità di formazione e di avanzamento che incorporano le ambizioni di carriera del singolo lavoratore, e non solo le esigenze dell’impresa.
“Oggi bisogna pensare a fare di ogni dipendente la versione migliore di se stesso”, suggerisce. Certo, c’è chi potrebbe lasciare l’azienda per un altro lavoro, ma sarebbe, in ogni caso, anche più propenso a raccomandarla a colleghi in cerca di un nuovo impiego.
Su una nota correlata, queste dinamiche della forza lavoro, unite alla rapida adozione di nuove tecnologie come l’intelligenza artificiale, hanno spinto molti Chief Information Officer a capire come riqualificare rapidamente i lavoratori [in inglese] per gestire i compiti emergenti, non solo all’interno dell’IT ma in tutta l’azienda.
“Ai CIO viene chiesto di aumentare la competenza tecnologica dell’intera impresa, perché la tecnologia consente di svolgere il lavoro in modo diverso. I processi stanno cambiando, e le decisioni vengono prese in modo differente grazie alla tecnologia. C’è la possibilità di operare in altri modi, e i Chief Information Officer devono contribuire a portare i dipendenti con sé, aiutandoli a imparare e a crescere”, conclude DiLorenzo.
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