Implementare un sistema gestionale non significa soltanto introdurre un nuovo software, ma condurre un’azione di change management che deve partire dal CEO e dagli altri executive. I CIO ne sono convinti: quando si porta in azienda un CRM, un ERP, un MES, un PLM o qualunque altro gestionale, SAP incluso, i vertici e, a cascata, tutti i dipartimenti, devono credere nel modo nuovo di impostare i processi. L’alternativa è votare il progetto al fallimento a causa delle resistenze delle persone e della difficoltà del top management di vedere i ritorni dell’investimento. E il dito sarà puntato sul CIO che del progetto è probabilmente uno degli sponsor e, sicuramente, colui che ne guida l’implementazione. Ma non ne è l’unico responsabile.
“Le implementazioni dei sistemi gestionali, come SAP, ERP, MES, PLM e così via, sono sfide importanti e momenti di grande cambiamento per le imprese”, afferma Aniello Ranieri, Temporary IT Manager e nel board del CIO Club Italia.“Per esempio, un cambio di gestionale che ho seguito recentemente è costato più di un anno di lavoro tra consulenze, viaggi, implementazione e così via. E siamo andati fuori budget. Poi il progetto è andato bene, ma l’impegno è stato evidente”.
“In base alle mie esperienze passate posso dire che il progetto per implementare l’ERP non è mai indolore, perché questo sistema spesso si innesta su una situazione eterogenea, in cui i processi hanno gestioni diverse o anche nessuna gestione. Quando arriva l’ERP, l’impatto è forte e coinvolge tutti”, afferma Marco Senigagliesi, oggi CIO di L.M. dei f.lli Monticelli (azienda marchigiana del manufacturing attiva nel settore degli accessori per serramenti. Quando Senigagliesi è entrato in questa azienda l’ERP era già stato implementato, nda).
Proprio perché necessitano di strategie consapevoli di trasformazione digitale, i software gestionali nelle imprese italiane non sono diffusi in modo capillare: nel 2024, secondo il più recente Osservatorio Software & Digital Native Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, la maturità di adozione da parte delle PMI (che rappresentano il 98% delle nostre imprese) ha raggiunto un punteggio di 51,08, superando per la prima volta da 4 anni la soglia dei 50 punti e in crescita di quasi 3 punti rispetto allo scorso anno e di quasi 12 punti rispetto al 2021, ma con evidenti spazi di miglioramento. La differenza nella maturità di adozione è ampia quando si guarda alla dimensione aziendale, con le piccole imprese (10-49 dipendenti) arretrate e le medie (50-249 dipendenti), invece, in forte crescita. Ciò conferma che un gestionale richiede una vision consapevole e delle competenze precise, che, a volte, nelle imprese molto piccole possono mancare.
Ecco le sfide più o meno nascoste di questi progetti e come superarle.
La paura di cambiare
L’implementazione di un gestionale spesso si scontra con la paura di cambiare da parte del personale aziendale. È qualcosa su cui il CIO e il top management intero devono fare i conti, rassicurando le persone.
“Digitalizzare un processo porta via del lavoro manuale e questo è un vantaggio per l’azienda, ma le persone possono avere paura del cambiamento, perché la sensazione è che si tolga loro il lavoro. Di qui la resistenza”, osserva Ranieri.
Soprattutto quando si passa da un sistema legacy gestito internamente a un software di mercato il cambiamento è molto difficile, perché i referenti non sono più dentro l’azienda, ma all’esterno. Per questo serve un convinto supporto degli executive: spetta al top management credere nel cambiamento, promuoverlo, spiegarlo e gestirlo.
I risultati non arrivano subito
Un’altra sfida è rappresentata dal fatto che, una volta implementato il sistema, tutti si aspettano il risultato subito, e invece c’è un tempo fisiologico da aspettare: quello dell’apprendimento.
“All’inizio l’efficienza addirittura peggiora perché bisogna imparare a usare il nuovo sistema”, afferma Igor Dimitri, CIO e IT Director con esperienza nell’industria logistica. “Ma, dopo la curva di apprendimento, che richiede vari mesi, si cominciano a vedere i risultati sia dal punto di vista tecnologico che organizzativo. Tecnologico, perché un software più evoluto e aggiornato permette una facile manutenzione. Organizzativo, perché i processi si aggiornano: le cose si fanno più velocemente e soprattutto si fanno più cose. Non è un confronto like for like”.
Dal punto di vista più tecnico, invece, il CIO deve essere consapevole del fatto che non deve cercare di implementare i processi esistenti nel nuovo gestionale, perché il gestionale abilita nuovi processi: non è un trasferimento di funzionalità, ma un’innovazione a tutti gli effetti.
Il budget non è adeguato
Secondo l’Osservatorio Software & Digital Native Innovation della School of Management del Politecnico di Milano, tra le principali difficoltà riscontrate dalle PMI nel percorso di adozione del software gestionale e trasformazione dei processi, ci sono i costi della digitalizzazione (61% dei casi), la mancanza di personale IT (50%) e la mancanza di incentivi statali (46%).
Molti CIO sottolineano la difficoltà del budget: le aziende vogliono digitalizzarsi perché ne percepiscono ormai chiaramente i benefici, ma poi non sono disposte, oppure non possono, mettere in campo le risorse necessarie per progetti di ampio respiro come l’implementazione di un gestionale moderno.
Gli investimenti, invece, sono significativi se si intende fare un cambio radicale, come è quello portato da un ERP (Enterprise Resource Planning) o da un MES (Manufacturing Execution System). Si tratta investimenti non solo in termini di denaro, ma di tempo e di persone impiegate.
Attenzione agli aggiornamenti
Il CIO Senigagliesi ha trovato già in uso l’ERP nell’azienda in cui lavora: nessuna sfida, dunque, per l’implementazione. Ciò non significa che il CIO possa riposare, perché anche gli upgrade del fornitore vanno seguiti.
“Anche se i vendor sostengono che tutto funzionerà perfettamente dopo l’aggiornamento, c’è sempre qualche test da fare perevitare problemi”, nota Senigagliesi. “L’aggiornamento è sì una procedura standard, ma avrà sempre un impatto; qualcosa va risistemato perché spesso le nuove versioni presentano dei piccoli cambiamenti. E ci vuole tempo, perché i test sono guidati dall’IT, ma a farli sono gli utenti finali e c’è un flusso continuo di richieste e risposte. L’ERP implica una costante collaborazione tra l’IT e chi usa il software quotidianamente”.
L’upgrade di un gestionale ha un impatto più organizzativo che tecnico, mentre l’implementazione da zero ha un impatto più forte sul lavoro dell’IT, nota ancora Senigagliesi, che ha seguito in L.M. dei f.lli Monticelli l’introduzione del MES, o meglio, di alcuni moduli di un sistema MES.
L’integrazione di sistemi eterogenei
Da anni Hitachi Rail, azienda delle soluzioni ferroviarie integrate, utilizza il PLM (Product Lifecycle Management) Windchill di PTC, integrato con multi-CAD e SAP, che permette di implementare un concurrent engineering efficace. Questa integrazione ha ridotto i tempi di sviluppo (time-to-market) e migliorato la collaborazione tra i team. Di recente, l’azienda ha anche cominciato a sfruttare le funzionalità per la gestione della MBOM (Manufacturing Bill of Materials), che consente di allineare la progettazione alla produzione in modo più efficiente.
“Per Hitachi Rail il PLM è strategico perché offre una fonte unica di verità per il ciclo di vita del prodotto, dalla progettazione alla produzione, fino alla manutenzione, e questo migliora la qualità e l’efficienza operativa”, spiega Gianpaolo Valente, Head of IT Solutions and Head Of HRIT Information Technology di Hitachi Rail. “Le sfide principali riguardavano l’integrazione di sistemi eterogenei e la necessità di mantenere coerenza nei dati in tempo reale. Abbiamo risolto queste problematiche adottando un approccio iterativo e gestendo l’integrazione con attenzione, validando ogni fase con il feedback degli utenti. Integrazione dei dati, modernizzazione dei sistemi legacy e adozione di tecnologie emergenti come AI e IoT sono i tre pilastri su cui poggia la trasformazione digitale di Hitachi Rail”.
Pilastri per i quali l’azienda ha investito con consapevolezza: per esempio, per creare un’infrastruttura che centralizza e armonizza i dati provenienti dai diversi sistemi aziendali e operativi.
Una volta implementato il sistema, al CIO spetta il compito di trarre i maggiori benefici: ecco quali sono le principali strategie per il successo.
L’analisi dei processi
Il citato Osservatorio del Polimi sottolinea che le PMI più avanzate nell’uso dei gestionali ottengono diversi vantaggi: un maggiore controllo sui processi (82%), una maggiore visibilità e tracciabilità (81%), una riduzione degli errori (76%) e l’utilizzo di dati aggiornati in tempo reale su cui basare le decisioni (75%). Inoltre, l’utilizzo di soluzioni digitali a supporto dei processi aiuta le PMI a scalare: tra le aziende più mature, il 67% ha allargato il proprio mercato anche al di fuori dell’Italia.
Il primo compito del CIO che vuole avere successo quando gli viene affidata l’implementazione di un sistema gestionale è analizzare attentamente tutti i processi aziendali.
“La complessità di questi progetti risiede sia nell’organizzazione dell’azienda sia nella gestione da parte dell’IT, che è responsabile dell’implementazione. Il CIO deve saper analizzare i processi o rischia di perdersi”, sottolinea Ranieri. “Bisogna calarsi all’interno dell’azienda, capire come funziona e quali processi vanno digitalizzati o migrati verso il nuovo software. Senza conoscere bene i processi, non si può portare l’azienda nel digitale”.
Ranieri riferisce che l’implementazione di un gestionale richiede in media un anno di lavoro, perché occorrono 6 mesi solo per l’analisi preventiva, e poi altri 6 per lo sviluppo, i test e il go live. I test, in particolare, sono fondamentali perché permettono di risolvere molti dei problemi prima, anche se, una volta entrati in operatività, emerge sempre qualche imprevisto. Il CIO, perciò, resta fondamentale per seguire il progetto anche dopo l’implementazione e rassicurare il top management che l’investimento darà i suoi frutti.
La valorizzazione dei dati
Per condurre con successo l’implementazione di un gestionale occorre anche mettere nel sistema tutti i dati che possono servire non solo a svolgere un compito o a mandare avanti un processo, ma anche a supportare le decisioni aziendali: è questo il senso di un progetto così oneroso per l’organizzazione aziendale. Qui si esprime anche il valore massimo della figura del CIO, che deve portare innovazione grazie agli investimenti tecnologici.
“Uno dei grandi vantaggi dei gestionali è di facilitare l’analisi dei dati e la loro lettura per il business: è una competenza chiave per l’IT manager per emergere e dà all’azienda un plus”, dichiara Ranieri.
L’esperienza del CIO-consulente
Nella realizzazione dei progetti con i gestionali una marcia in più per il CIO è costituita da sue eventuali esperienze precedenti come consulente di software house e integratori di sistemi.
“Quando ho guidato la migrazione all’ERP in azienda”, racconta Marco Poponesi, ex CIO di aziende italiane della manifattura con una lunga esperienza nell’IT, “ho replicato in grande quello che avevo già fatto in altre aziende in qualità di consulente esterno. Questo mi ha avvantaggiato nel relazionarmi con i vendor, perché sapevo molto bene quali prodotti e soluzioni proposti erano veramente utili e quali, invece, non ci servivano. Un problema che si incontra spesso nel cambio di ERP, infatti, è nella gestione delle terze parti: bisogna farle lavorare per gli interessi dell’azienda e per me era più facile perché avevo maturato esperienze non solo come CIO ma anche nel mondo della consulenza esterna”.
Con questo tipo di competenze, unite alla profonda conoscenza dei processi interni e degli obiettivi della propria azienda, finita la selezione dei vendor, Poponesi ha impiegato solo cinque mesi per mettere in operazione il nuovo ERP.
Pubblicizzare il progetto
Il progetto legato a un gestionale va pubblicizzato presso tutto il personale, perché se non c’è un impegno condiviso (“dall’operaio all’AD”, dice Senigagliesi), i problemi si moltiplicano, fino ad arrivare al caso estremo (ma non improbabile) del fallimento.
Il CIO, insieme al top management, deve fare da “sponsor” al cambiamento, spiegandone le motivazioni e i vantaggi e accompagnando le persone nell’apprendimento del nuovo modo di lavorare.
Un’attività importante cui dedicarsi è il coinvolgimento e il coordinamento delle persone, in particolare individuando gli utenti chiave del gestionale, che sono i primi a dover abbracciare il progetto e possono anche guidare gli altri utenti in un momento successivo.
L’importanza della formazione continua
Per Valente di Hitachi Rail le sfide principali riguardano il cambiamento culturale e la gestione della sicurezza dei dati e della proprietà intellettuale. Queste difficoltà sono state superate “con programmi di formazione continua e un approccio alla sicurezza che coinvolge tutti i livelli dell’organizzazione”.
Anche il CIO deve continuamente formarsi: è bene dedicare del tempo ai propri fornitori o anche ad altri interlocutori per essere a conoscenza di nuovi strumenti, applicazioni o funzionalità che possono eventualmente servire all’impresa.
Riconoscere il ruolo del top management
Nelle implementazioni dei gestionali, del resto, non tutto il lavoro spetta al CIO. Avere la proprietà o il top management al proprio fianco è un fattore di successo essenziale per il capo dell’IT.
“Il top management tende a guardare principalmente a un aspetto: quanto il nuovo software farà risparmiare. Ma non è una domanda alla quale il CIO può rispondere, perché questa è una valutazione che va fatta anche sulle persone, non solo sul software”, tiene a precisare Dimitri. “Al tempo stesso, il change management comporta sempre che il CIO e le persone dell’IT conoscano i processi e sappiano dialogare e collaborare con il business: il business deve dire di che cosa ha bisogno e l’IT deve portare le richieste nella concretezza”.
SAP fa storia a sé
SAP è un sistema complesso, non facile da gestire da soli, che richiede esperienza e skill molto elevati: per questo “fa storia a sé”, come affermano unanimi i CIO che lo usano.
È anche un sistema “costoso, che richiede un notevole investimento, sia nel prodotto in sé che nei talenti dedicati”, ha indicato un CIO attualmente nel mezzo dell’implementazione di questo gestionale. “Gli esperti SAP sul mercato sono difficili da trovare e chiedono una tariffa giornaliera che può essere una volta e mezzo o due più alta di un altro professionista. E spesso le imprese non hanno altra scelta che rivolgersi agli esperti esterni, perché implementare e gestire un sistema SAP richiede una conoscenza approfondita”.
“In Hitachi Rail SAP è una componente essenziale per ottimizzare i processi aziendali. La sua complessità deriva dall’ampia capacità di personalizzazione, che richiede una profonda comprensione dei processi aziendali”, conferma Valente di Hitachi Rail. “L’integrazione con altri sistemi e la gestione dei dati storici sono altre sfide significative, ma i benefici di una visione integrata dell’intera azienda superano ampiamente questi ostacoli”.
Il manager di Hitachi Rail riferisce che l’azienda è riuscita a completare l’upgrade a SAP S/4HANA senza interruzioni operative “grazie a una pianificazione dettagliata e a un approccio incrementale”, che ha ridotto al minimo il rischio di downtime, e sono indicazioni valide per tutti gli altri gestionali.
Un altro elemento evidenziato dai CIO può applicarsi a tutti i progetti di implementazione dei sistemi gestionali: il cambiamento culturale. Per renderlo possibile la soluzione è sempre la stessa: formazione continua per assicurare che le persone siano preparate.
Read More from This Article: ERP e gestionali: le sfide nascoste delle implementazioni e come superarle
Source: News