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Ecco come i CIO stanno ricalibrando le strategie multicloud. Non senza problemi

Negli ultimi tempi, le strategie cloud sono andate incontro a un cambiamento radicale, con i CIO che stanno diventando sempre più propensi a sfruttare al meglio le formule multiple.

Tuttavia, la gestione di ambienti multicloud presenta complicazioni peculiari, soprattutto quando si tratta di problemi di interoperabilità e di fluidità del carico di lavoro.

“Molte strategie ‘multicloud’ non sono effettivamente tali. Si limitano a prevedere carichi di lavoro in più cloud. Oppure, lo sono soltanto sulla carta”, afferma Tracy Woo, analista di Forrester.

“Oggi, le cose stanno cambiando”, aggiunge. “E ciò rende il lavoro dei CIO e dei loro team molto più impegnativo”.

Il Chief Information Officer Tom Peck spiga come il distributore di alimenti all’ingrosso Sysco sia “un’azienda totalmente multicloud” e vede chiaramente i vantaggi e gli svantaggi di questa architettura.

“Tra gli aspetti positivi, si ottengono vantaggi unici”, racconta. “Ma, tra gli aspetti negativi, c’è la difficoltà di spostare, accelerare o ridurre dinamicamente le operazioni da un cloud all’altro”.

L’interoperabilità e la connettività sono questioni chiave per l’oltre 80% delle aziende che hanno adottato un modello multicloud, osserva Sid Nag, vice president dei servizi e delle tecnologie cloud di Gartner.

“La realtà è che mettere insieme tutto questo è molto difficile, ed è per questo che, spesso, i progetti di adozione multicloud falliscono”, sostenendo che l’attuale serie di tecnologie di connettività dei fornitori di cloud non funziona ancora in modo ottimale.

Queste e altre questioni che derivano dall’operare in ambienti cloud multipli – e probabilmente ibridi – mettono a dura prova le capacità dei CIO di elaborare strategie economicamente vantaggiose [in inglese] per sfruttare i benefici unici di ciascuna piattaforma, garantendo al contempo la resilienza e la portabilità a lungo termine per le loro aziende, proprio mentre l’AI si presenta come un fattore aggravante e foriero di complicazioni.

Un mercato che ha bisogno di maggiore interoperabilità

I system integrator e i team di servizi cloud sono intervenuti per rimediare ad alcuni ostacoli di interoperabilità del multicloud, ma la soluzione ottimale è che i provider di cloud pubblico costruiscano API direttamente nel livello dello stack cloud, secondo Nag di Gartner. Un quadro di integrazione cross-cloud costruito con le API potrebbe collegare, infatti, i cloud pubblici senza soluzione di continuità in modalità da molti-a-molti, sostiene la società di ricerca.

Oracle sta fornendo un modello diverso. I piani recentemente annunciati dall’azienda di fornire una connettività senza soluzione di continuità da Oracle Cloud Infrastructure ad AWS [in inglese], oltre che per Microsoft Azure e Google Cloud, hanno sollevato alcune perplessità.

[Correlato: I CIO ripensano le strategie cloud all-in] [in inglese]

Come parte dell’accordo, Oracle renderà disponibile il suo Oracle Autonomous Database su un’infrastruttura dedicata come Oracle Database@AWS, che consentirà ai suoi clienti di sfruttare l’integrazione zero-ETL tra i servizi Oracle Database e i servizi AWS, secondo quanto dichiara l’azienda.

Inoltre, con Google e Microsoft, Oracle ha stipulato intese di interconnessione in modo che agli utenti non venga addebitato il costo dello spostamento dei dati da Oracle Cloud a Google e Microsoft, rileva Adam Reeves, direttore della ricerca IDC su PaaS per gli sviluppatori di applicazioni moderne ed edge.

“È stato uno di quei momenti in cui l’inferno si congela, come se non l’avessi mai visto arrivare”, aggiunge Rob Tiffany, direttore della ricerca IDC incentrata sul cloud computing privato e ibrido. “Se riusciamo a inserire l’hardware Oracle e un sottoinsieme di Oracle Cloud in profondità all’interno di ciascuna hyperscaler, i clienti otterranno prestazioni pazzesche per Oracle che esegue SAP o altro. Si tratta di un livello di integrazione più profondo”.

Il fattore cloud ibrido

Un minimo di interoperabilità tra i cloud pubblici può essere raggiunto attraverso le interconnessioni di rete, le API o l’integrazione dei dati tra di essi, ma “probabilmente non se ne troverà molta a meno che non si tratti dell’identica applicazione in esecuzione in entrambi i cloud”, afferma Tiffany di IDC.

La vera interoperabilità tra i cloud pubblici può essere potenzialmente raggiunta attraverso le API o l’integrazione dei dati tra i vari cloud pubblici, sottolinea il manager di IDC, ma “probabilmente non se ne troverà molta a meno che non si tratti dell’identica applicazione in esecuzione in entrambi i cloud”.

[Correlato: Il cloud privato fa il suo ritorno, grazie all’AI] [in inglese]

L’altro mezzo di interoperabilità è un’integrazione hub and spoke tra il cloud privato [in inglese] on-premise di un cliente e uno o più cloud pubblici per dare vita al cloud computing ibrido, rileva. Tiffany spiega, inoltre, che il multicloud è generalmente solo una forma più complicata di cloud ibrido. Osserva che le funzionalità di rete private e dedicate supportate da ciascun cloud pubblico, tra cui AWS Direct Connect, Azure ExpressRoute, Google Dedicated Interconnect e OCI FastConnect, aiutano a facilitare le integrazioni necessarie. Gli operatori di data center che sono “adiacenti al cloud” e lavorano con questi connettori includono, per esempio, Equinix e Digital Realty, aggiunge Tiffany.

HPE e Dell sono in cima alla lista dei venditori di cloud privato che stanno sfruttando le richieste di interoperabilità dei clienti aziendali, anche per i carichi di lavoro GenAI sul cloud.

HPE, per esempio, ha annunciato una soluzione di cloud privato con Nvidia chiamata HPE Private Cloud AI [in inglese] che offre ai CIO una soluzione chiavi in mano per implementare rapidamente un cloud privato con interconnessioni al cloud pubblico.

Anche fornitori di rete e le startup di AI stanno affrontando i problemi di interoperabilità associati al multicloud.

Juniper, per esempio, ha dichiarato di avere in via di sviluppo un software basato sull’AI per orchestrare le connessioni delle applicazioni tra cloud pubblici, siti di co-locazione e data center on-premise. Il progetto, Cloud Interlink, è in fase di incubazione nei suoi Juniper Beyond Labs.

“Abbiamo assistito all’emergere di applicazioni altamente distribuite che rendono la rete sottostante ancora più critica per fornire esperienze utente end-to-end senza soluzione di continuità”, dice Raj Yavatkar, CTO di Juniper Networks.

[Correlato: Lo shock da acquisto di GenAI spinge i CIO a cercare soluzioni] [in inglese]

Stardog, una startup AI che annovera tra i suoi clienti Morgan Stanley, NASA e Schneider Electric, ha recentemente annunciato una struttura cloud GPU privata alimentata da Nvidia ad Ashburn, Va. L’azienda sta adottando un approccio di data fabric per consentire alle aziende di interconnettere i dati tra un’ampia gamma di fonti di dati SaaS, cloud e on-premise.

Il multicloud sta diventando una realtà perché le grandi imprese non vogliono essere bloccate in un unico cloud [in inglese] o affrontare costi enormi per spostare i carichi di lavoro in modo efficiente, afferma Kendall Clark, CEO di Stardog, riconoscendo che la complessità aggiuntiva, soprattutto per l’AI, è reale e costosa, ma sostiene che la domanda guiderà l’innovazione per l’interoperabilità.

I CIO sulle complessità del multicloud

Come molte altre imprese, Ally Financial ha abbracciato un vendor di cloud pubblico di primo piano, aggiungendone altri per carichi di lavoro più piccoli e specializzati. Inoltre, gestisce cloud privati di HPE e Dell per applicazioni sensibili, come l’AI generativa e i carichi di lavoro sui dati che richiedono i massimi livelli di sicurezza.

“L’opzione del cloud privato ci offre il pieno controllo sulla nostra infrastruttura, permettendoci di bilanciare rischi, costi e flessibilità di esecuzione per determinati tipi di carichi di lavoro”, chiarisce Sathish Muthukrishnan, Chief Information, Data and Digital Officer di Ally. “D’altra parte, il cloud pubblico offre un accesso rapido alle tecnologie in evoluzione e la possibilità di scalare rapidamente, riducendo al minimo i nostri sforzi di assistenza”.

Tuttavia, riconosce che una strategia multicloud comporta complessità e problemi – come lo spostamento di carichi di lavoro GenAI tra cloud pubblici o lo scambio di dati da un cloud privato a un cloud pubblico – che richiedono investimenti e pianificazione considerevoli.

[Correlato: I CIO soppesano i nuovi aspetti economici e i rischi del cloud lock-in] [in inglese]

“L’obiettivo di rendere i carichi di lavoro portabili tra i vari fornitori di servizi cloud limita in modo significativo la possibilità di sfruttare le funzionalità cloud-native, che sono forse il più grande vantaggio dei cloud pubblici”, riflette Muthukrishnan. Inoltre, aggiunge, “più cloud significano più complessità, e la ripartizione del lavoro tra i fornitori di servizi cloud rende difficile costruire una competenza profonda e, in alcuni casi, richiede più competenze specializzate”.

Questa versatilità di competenze rimane oggi carente: secondo Drew Firment, chief cloud strategist di Pluralsight, meno del 10% dei professionisti IT dichiarerà di avere un’ampia esperienza con più di un provider cloud.

“Alcune aziende non sono a un livello di maturità cloud e di destrezza dei dipendenti tale da poter estrarre con successo il valore del multicloud. L’aggiunta di un altro fornitore di cloud al mix, senza i giusti talenti, processi e infrastrutture cloud, non fa altro che rendere meno raggiungibili i vantaggi del multicloud”, afferma, sottolineando l’importanza della formazione delle figure interne.

Muthukrishnan di Ally concorda sul fatto che la manutenzione degli ambienti cloud pubblici e privati richiede un’ampia gamma di competenze che sono sempre più difficili da trovare.

“Tuttavia, con la maturazione delle capacità del cloud privato, molte competenze si estendono a entrambi gli ambienti, contribuendo a mitigare alcune di queste difficoltà”, avverte. “Nonostante questi ostacoli, riteniamo che i vantaggi di una strategia multicloud superino di gran lunga le complessità”.

Il multicloud è anche parte della strategia IT di American Honda Motor Co. ma in modo più opportunistico. Bobby Rogers, responsabile della trasformazione del cloud, spiega che la casa automobilistica sfrutta gli hyperscaler pubblici quando è possibile.

“Ma non progettiamo i nostri sistemi per funzionare su più piattaforme cloud. Non abbiamo trovato un business case per farlo e pensiamo che aggiungerebbe complessità e rischi inutili”, aggiunge. “Preferiamo utilizzare le migliori soluzioni SaaS, ove possibile, ed eseguire le nostre applicazioni sulla piattaforma cloud più adatta”.

Honda sta valutando anche soluzioni gestite on-premise/cloud per i casi d’uso che presentano requisiti di latenza di rete. “Queste soluzioni, come AWS Outpost, Azure Stack o Google Anthos, ci permettono di portare il cloud nel nostro data center e di godere dei vantaggi di entrambi i mondi”, tiene a precisare Rogers.

Il calcolo multicloud

Mojgan Lefebvre, EVP e chief technology and operations officer di Travelers, afferma che un’architettura multicloud non solo offre alle aziende la libertà di utilizzare i migliori servizi cloud, ma anche la possibilità di negoziare condizioni finanziarie migliori da ciascun fornitore.

“I diversi fornitori di cloud offrono diversi modelli di prezzo”, dice. “E una strategia multicloud consente alle imprese di ottimizzare i costi selezionando i servizi più convenienti per le loro esigenze”.

[Correlato: I CIO affinano le strategie di costo del cloud, proprio mentre si profilano picchi di AI] [in inglese]

Lefebvre sostiene che l’approccio di Travelers al multicloud è consapevole, e che le soluzioni migliori per ogni carico di lavoro vengono decise caso per caso, comprese quelle che riguardano il mantenimento di carichi di lavoro specifici all’interno dell’azienda. Inoltre, osserva che il fatto di non affidarsi a un unico fornitore di cloud riduce il rischio di downtime e di perdita di dati, favorendo anche migliori opportunità di business.

“L’accesso a una gamma più ampia di strumenti e servizi, comprese le funzionalità avanzate di AI e di apprendimento automatico, può favorire l’innovazione e migliorare i risultati aziendali”, spiega. “Tuttavia, la gestione di più ambienti cloud può essere complessa e richiede competenze e strumenti specializzati per garantire una sicurezza e una conformità coerenti e un’integrazione efficace di servizi e dati”.

Ciò si traduce, spesso, nell’applicare connettori forniti dai vendor per scambiare i dati da un cloud all’altro, strumenti di gestione dell’interoperabilità e, in molti casi, costosi integratori di sistemi per mettere insieme il tutto e garantire, soprattutto, che non ci siano perdite di dati.

Per Bob McCowan, CIO di Regeneron Pharmaceuticals, l’adozione di un approccio cloud-nativo può aiutare a risolvere alcune sfide multicloud.

“Per le società che hanno abbracciato il ‘cloud nativo’, l’architettura e il design consentono di spostare il lavoro tra diversi fornitori senza sforzi significativi”, afferma. “Nella maggior parte dei casi questo fa parte di un gioco di continuità aziendale, ma è buona norma evitare di impegnarsi eccessivamente con qualsiasi fornitore, oltre a lasciare la porta aperta per passare a fornitori di cloud che possono offrire una capacità unica alla loro piattaforma”.

Dato il ritmo del cambiamento nel settore del cloud stesso, questa flessibilità può essere facilmente ripagata, dice McCowan.

“I fornitori di cloud si stanno facendo strada l’un l’altro e se la capacità, il costo o la portata globale lo giustificano, le imprese dovranno avere l’agilità di cambiare le cose”, sottolinea. “La rapida crescita dell’AI, con casi d’uso molto specifici, richiederà anche alle aziende di pianificare il cambiamento o di rischiare di legarsi alla tecnologia o al fornitore di cloud sbagliato”.

L’IA è diventata un gioco che cambia le carte in tavola sotto molti punti di vista, e sta portando i CIO a ripensare le loro strategie cloud. C’è molto da guadagnare sfruttando gli strumenti più recenti nel cloud pubblico e potendo effettuare dei cambiamenti in base alle necessità.

Tuttavia, Max Chan, CIO di Avnet, afferma che i leader IT non dovrebbero preoccuparsi di costruire un’architettura multicloud, a meno che non ci sia un’esigenza ben definita.

“L’interoperabilità del cloud pubblico è sempre più importante per l’implementazione della GenAI, ma se sia fondamentale o più un ‘nice to have’ dipende dal caso d’uso specifico e dalle esigenze aziendali”, dichiara. “Le aziende con flussi di lavoro complessi che richiedono l’integrazione di dati e servizi da più fornitori di cloud, tale interoperabilità è essenziale per un flusso di dati e un’integrazione di servizi senza soluzione di continuità. Tuttavia, per la maggior parte delle altre società che utilizzano un unico fornitore di cloud, l’interoperabilità potrebbe essere meno critica”.

E, nota Chan, la complessità aggiunta e i costi potenziali associati alla gestione di ambienti multicloud potrebbero superare i vantaggi per molte realtà aziendali.

Tuttavia, per tutte quelle che abbracciano il multicloud, gli occhi saranno puntati sui progressi dell’interoperabilità. Oracle ha fatto un grande passo in questa direzione, ma solo il tempo ci dirà se la domanda delle aziende costringerà i fornitori di cloud a costruire un’ulteriore interoperabilità direttamente nei loro cloud, o rischierà di perdere clienti.

Nel frattempo, ci sono molti strumenti e strategie di integrazione dei dati che i CIO possono utilizzare per rendere funzionale un ambiente ibrido e multicloud, precisa Nick Golovin, senior vice president Enterprise Data Platform di CData.

Amazon, per esempio, consiglia ai clienti di utilizzare servizi propri come AWS DataSync, Glue, Athena e CloudWatch per consentire l’interoperabilità ibrida e multicloud. In un post sul suo blog di quest’estate, AWS ha dichiarato che Phillips 66 ha ottenuto l’interoperabilità multicloud implementando il suo Managed Service per Prometheus, ma ha riconosciuto che per farlo funzionare è stato necessario implementare AWS Professional Services.

AWS ha anche indicato Elastic Container Services ed EKS Anywhere, nonché AWS Outposts Family e AWS Snow Family come strumenti aggiuntivi per consentire l’interoperabilità.

“I CIO e i responsabili delle decisioni sui dati possono creare una strategia completa di gestione per l’ambiente cloud ibrido, considerandolo come un ecosistema di dati e concentrandosi su aspetti quali l’integrazione, la qualità dei dati, la governance, la gestione dei dati master e quella dei metadati”, afferma Golovin.

“I fornitori di piattaforme cloud spesso forniscono elementi parziali di questi aspetti, quindi capire dove sono le lacune e sfruttare strumenti specializzati di terze parti per le funzioni critiche di gestione dei dati può aiutare a superare le limitazioni degli ecosistemi cloud proprietari, garantendo connettività e flessibilità senza soluzione di continuità”, conclude.


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Source: News

Category: NewsOctober 31, 2024
Tags: art

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