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Come gestire (e ridurre) il debito tecnico per innovare nell’era dell’AI

Intelligenza artificiale e cybersicurezza sono le due massime priorità dei CIO per il 2025, come emerso dal “Future Enterprise Resiliency and Spending Survey, Wave 3, March 2024 [in inglese]”, di IDC. E ridurre il debito tecnico? Attira solo il 20% delle risposte, nonostante la tecnologia legacy – sottolineano gli analisti – sia un chiaro ostacolo al successo.

Lo stesso sondaggio, infatti, mostra che il 38% dei professionisti dell’IT prevede di spendere in infrastruttura digitale più di quanto previsto nel budget soprattutto per effetto di un eccessivo debito tecnico, oltre che per la mancanza di una strategia sull’infrastruttura allineata col business. Del resto, la chiave, evidenzia IDC [in inglese], è affrontare le aree critiche del debito tecnico per modernizzare l’infrastruttura IT e riuscire a innovare e garantire la sicurezza, lavorando proprio verso le due grandi priorità dei CIO. Non dare rilevanza al debito tecnico, invece, fa salire i costi e ostacola l’innovazione.  

La zavorra può diventare ancora più pesante nell’era dell’AI. Secondo le “Technology and Security Prediction [in inglese]” di Forrester per il 2025, il 75% dei CIO vedrà il proprio debito tecnico aumentare a un livello di gravità moderato o alto entro il 2026 e questo incremento sarà dovuto al rapido sviluppo dellesoluzioni di intelligenza artificiale, che stanno aggiungendo complessità all’IT. 

“Su alcuni scenari eravamo consapevoli del nostro debito tecnico e oggi l’AI lo fa emergere con ancora maggior evidenza”, dichiara Daniele Deligia, Direttore IT di Italo – Nuovo Trasporto Viaggiatori. “Sappiamo, in particolare, di dover trasformare la gestione dei dati e creare un data lake basato su nuovi stack tecnologici per migliorare la governance e aiutare l’azienda a diventare full data-driven”.

La strategia di mitigazione di Deligia sarà graduale, ma altri CIO sono molto più aggressivi: per innovare occorre un “colpo di spugna” (almeno per quanto possibile) al debito tecnico.

Come gestire e mitigare il debito tecnico

Il debito tecnico deriva dal costo di gestire e mantenere servizi tecnologici più vecchi. Si tratta di applicazioni o anche di infrastruttura, scelte architetturali, persino data management e software di terze parti. La sfida è complessa e richiede l’attenzione di tutti gli executive, dal CIO, che è responsabile della tecnologia, fino al CEO.

Ovviamente non è detto che sia né possibile né necessario azzerare il debito tecnico: le aziende possono anche decidere di mantenerne una parte, purché ciò sia fatto con consapevolezza. Il problema sorge quando il debito si accumula e, proprio come un debito finanziario, diventa gravoso a causa degli interessi e impedisce altri investimenti. Quello che i CIO e gli altri executive devono fare è misurare e gestire la loro eredità tecnologica in modo da poterla ridurre, esattamente come, in un debito finanziario, ci si assicura di essere in grado di pagare le rate.

Per valutare il debito tecnico bisogna mappare l’intero stack tecnologico e capire quanto i sistemi esistenti possano essere supportati e quanto siano ancora funzionali. Il risultato di questa valutazione mostrerà dove l’azienda ha un peso troppo gravoso in termini di tempo, costi, persone occupate e inefficienza della tecnologia stessa e da dove è opportuno iniziare per ridurre il debito. Tra i componenti chiave vi è la “manutenibilità” del sistema, che si riflette nel tempo dedicato alla sua manutenzione, e la “vita utile residua” della soluzione, che indica quanto a lungo la tecnologia rimarrà valida e utile nell’ambiente aziendale.

“Ora che le loro imprese portano avanti progetti con l’AI generativa, i CIO dovrebbero tenere presente che anche i modelli più nuovi oggi diventeranno presto obsoleti”, afferma Gartner. Così, entro il 2028, più della metà delle imprese che si erano costruite degli LLM custom abbandoneranno queste iniziative a causa dei costi, della complessità e del debito tecnico. E più le aziende si muovono per innovare velocemente, più aumenta il rischio di accumulare debito tecnico. La soluzione per i CIO è scegliere architetture che si possono rapidamente aggiornare tramite API.

Le strategie dei CIO italiani: gli aggiornamenti graduali

Deligia di Italo ci ha spiegato che la presenza di sorgenti dati eterogenee e distribuite in sistemi differenti obbligano l’IT a creare dei “workaround” per far dialogare le diverse banche dati e generano, quindi, lavoro extra che si potrebbe evitare. Soprattutto, non permettono di sfruttare tutte le soluzioni tecnologiche avanzate che servirebbero per estrarre il massimo valore dai dati. 

“La gestione è inefficiente, dobbiamo fare molta attività di manutenzione e la sicurezza ci costa di più. Per questo”, indica il CIO, “ho in piano un progetto di data transformation per creare un unico data lake aziendale. Prevedo circa un anno di lavoro, con rilasci graduali e poi con evoluzioni successive. Ovviamente sarà necessario un certo investimento, ma tutto il debito tecnico richiede l’utilizzo di risorse aziendali per essere superato”.

Anche Save the Children, spiega il Responsabile Area Innovazione, tecnologie e dati, Lorenzo Catapano, sta lavorando per ridurre il debito tecnico, accumulato a causa di una crescita organizzativa molto veloce e alla conseguente aggiunta di sistemi e applicazioni senza una visione chiara dell’architettura applicativa di lungo termine.

“Per ridurlo cerchiamo di guardare ad un orizzonte temporale più lungo, facendo scelte tecnologiche che non mirino solo a soddisfare il bisogno di oggi, ma che a tendere possano rispondere a possibili sfide future e semplificare l’integrazione tra i sistemi”, sottolinea Catapano. “Bisogna sempre avere a mente che molto spesso manutenere il debito è più costoso che innovare”.

Un colpo di spugna al debito tecnico

Il CIO di un’azienda manifatturiera, che offre sul mercato un prodotto del Made in Italy di lusso, ci ha raccontato, invece, di aver adottato una strategia più aggressiva contro il debito tecnico.

Quando è entrato in azienda, circa due anni fa, questo manager ha trovato un forte debito tecnico, non tanto negli applicativi, quanto nella parte di IT pura: data room non aggiornate, vulnerabilità di cybersicurezza, nessuna gestione dei ticket per il servizio agli utenti interni, obsolescenza nella parte della rete Tlc e delle infrastrutture.

Il CIO ha agito in modo deciso. Ha svolto un assessment insieme a una società di consulenza e preparato una mappa dettagliata dello status quo dell’ICT aziendale. Ha poi definito un budget e lo ha presentato alla dirigenza e si è assicurato l’approvazione. A quel punto ha cambiato tutte le tecnologie che erano datate: è servito un anno intero e per quel periodo il CIO si è dedicato solo alla parte IT, ma il debito è stato azzerato. 

Come farsi approvare una manovra così drastica e il relativo budget?

“Ho portato davanti alla proprietà una presentazione accurata e accreditata dalla società di consulenza dove emergevano con chiarezza i tanti rischi connessi al debito tecnico, in particolare quelli di cybersicurezza”, ci ha raccontato il CIO. “E, prima ancora di andare dall’AD e dai proprietari, ho portato dalla mia parte tutti i direttori, dati alla mano, mostrando loro tutto quello che non andava e perché dovevamo cambiare”.

Anche nella parte applicativa il manager ha proceduto con lo stesso sistema. Per farsi approvare gli aggiornamenti si è rivolto a una società di consulenza che ha validato la sua analisi e si è conquistato l’appoggio dei capi delle altre funzioni. 

“Ho chiesto ai direttori di valutare i loro processi assicurando loro che, per qualunque problema connesso all’IT, avrei portato una soluzione”, racconta il CIO. “Per tre mesi i direttori hanno mappato la situazione ‘as is’ e i ‘pain point’; poi sono venuti da me e io ho proposto i progetti di cambiamento, divisi per processo, con i relativi costi e la roadmap di trasformazione a 4 anni, cominciando dai cosiddetti ‘lower hanging fruit’, ovvero dai problemi più facili da risolvere, e salendo via via verso le situazioni più complesse. Ho ottenuto così l’approvazione della roadmap da parte del vertice aziendale, dimostrando che era un investimento che ci avrebbe dato dei risultati tangibili sulle prestazioni finanziarie”.

Le linee guida: approccio modulare, assessment e KPI

“Non è mai troppo tardi per fermare un progetto sbagliato, ma ci sono delle linee guida da seguire”, secondo Andrea Magnoleretto, CIO con lunga esperienza internazionale. “Il CIO deve fare una valutazione delle tecnologie presenti per sapere quali sono aggiornate o aggiornabili e quali non lo sono, stimare quanto costa modernizzarle e qual è il rischio se tiene una tecnologia obsoleta”.

In generale, se una tecnologia non si può supportare nel medio periodo, il CIO deve sapere come sostituirla. E, ovviamente, se il CIO implementa un’applicazione moderna, come SAP, deve assicurarsi di avere un’infrastruttura a supporto sufficientemente robusta, o l’azienda non riuscirà a usare quell’applicazione.

“Per questo ritengo fondamentale l’approccio modulare”, commenta Magnoleretto: “permette di sostituire una parte dello stack tecnologico senza impattare tutto l’ecosistema e garantisce l’aggiornamento della tecnologia in modo più veloce e flessibile. Se, invece, il CIO si trova di fronte a uno stack costruito in precedenza senza l’approccio modulare e si ritrova di fronte a tecnologie non evolvibili, deve svolgere una valutazione di costi e rischi e decidere come gestirli”.

In pratica, se un’applicazione è indispensabile e non si può far evolvere, bisogna comunque trovare una soluzione, per esempio, avere accesso al codice sorgente o acquisire all’interno del team IT le competenze necessarie alla manutenzione.

È anche importante usare dei KPI a più dimensioni, che non guardino solo alla soddisfazione dell’utente interno ma all’efficienza economica, osserva Catapano di Save the Children.

“Nella trasformazione digitale l’efficienza economica e il risparmio di tempo sono il primo indicatore di prestazione. Non si può pensare di risolvere i problemi aumentando i costi e il debito tecnico. Perciò occorre definire in anticipo i KPI dell’IT e del progetto tecnico e collegarli agli obiettivi organizzativi, come l’efficienza”, afferma Catapano. 

Anche Magnoleretto mette in guardia sul fatto che “risparmiare oggi sull’aggiornamento si tradurrà domani in un costo aggiuntivo” legato al gap tecnologico.Per questo la diffusione dell’AI in azienda riaccende i riflettori sul debito tecnico: tante aziende hanno un’infrastruttura datata o una sovrabbondanza di applicazioni che impedisce di innovare se non a costi molto alti, che inficiano la creazione di valore da quell’innovazione.

Ci si può far supportare da una software house, ma il CIO deve stare molto attento a due fattori: i costi che, di nuovo, salgono, e il rischio di competenze esternalizzate.

“Io ho imparato dalla mia esperienza che le cose vanno male in due modi: prima a poco a poco e poi improvvisamente e insieme”, conclude Magnoleretto. “È anche vero che tutto quello che non c’è non si rompe: il CIO farà le sue valutazioni”.

Valgono i consigli dei nostri CIO: mettere sul piatto della bilancia costi e rischi e adottare KPI di efficienza su tutta la linea.


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Source: News

Category: NewsMay 20, 2025
Tags: art

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