Con i dati ormai al centro di ogni aspetto del business, il Chief Data Officer [in inglese] è diventato un dirigente altamente strategico che, oggi, si concentra nell’aiutare l’azienda a sfruttare le informazioni come risorsa imprescindibile per ottenere risultati. Ciò include lo sviluppo di una cultura data-driven [in inglese] in cui i dati e le analisi sono integrati in tutte le funzioni, e tutti i dipendenti ne comprendono il valore, e sanno come utilizzarli e come proteggerli.
I recenti progressi nell’AI hanno ulteriormente rimodellato e ampliato [in inglese] le responsabilità e l’impatto organizzativo del CDO, ponendo nuova enfasi sull’innovazione strategica. Qui, Jeffrey Voorhees, esperto Chief Data and Analytics Officer di Fortune 500, osserva una chiara linea di demarcazione tra i manager che si concentrano sulla creazione di “infiniti pezzi unici e di oggetti luccicanti” e quelli che hanno gli occhi puntati sugli obiettivi strategici della società, comunicando il valore “nel linguaggio e nella valuta del pubblico con cui si lavora”.
Comunicando in modi che risuonano con diverse funzioni, questi CDO ottengono alleati e diventano partner aziendali indispensabili. “Quando il loro valore non è percepito o compreso, è soggetto ai cambiamenti dei venti finanziari e politici, e la loro capacità di contribuire a un’impresa ad alte prestazioni sarà limitata”, afferma Voorhees.
Gli investimenti per sostenere l’adozione dell’AI [in inglese] sono in aumento, ma molti dirigenti aziendali sono troppo sicuri delle capacità e della preparazione delle loro organizzazioni in materia di dati [in inglese], mentre i CDO hanno le idee molto più chiare e un manager forte, in grado di comunicare e guidare la strategia, è essenziale per ottenere valore da questi investimenti nell’intelligenza artificiale.
Di recente ho convocato una tavola rotonda alla quale hanno partecipato sette CDO di questo tipo, provenienti da diversi settori, per discutere i punti più prioritari della loro agenda di quest’anno. Oltre a Voorhees, il gruppo comprendeva Rajesh Arora, vice president e Chief Data and Analytics Officer di Principal Financial Group; Chris Bruman, Chief Data and Analytics Officer di Dow; Michelle Gansle, Chief Data & Analytics Officer di McDonald’s; Ravi Kapoor, vice presidente e Digital Technology and Chief Data Officer di Collins Aerospace; Mike Vaughan, Chief Data Officer di Brown & Brown Insurance; e Patrick Terry, vice president senior e Global Chief Data Officer di PRA Group.
Ecco le intuizioni che questi CDO hanno condiviso su come stanno affrontando l’intelligenza artificiale, la governance, la creazione di storie di valore, il superamento del gap di competenze e altro ancora.
AI responsabile: bilanciare innovazione e rischio
L’ascesa dell’AI generativa ha messo uno specchio davanti alle aziende, mostrando loro il lavoro che devono fare per sfruttare strategicamente i loro dati. È un messaggio che i CDO stanno lanciando con vigore da qualche tempo.
Anche quando i dirigenti vedono il valore dei dati, spesso trascurano la governance. La GenAI aggiunge una maggiore complessità a questo aspetto, perché apporta un mix più ampio e un volume più elevato di dati mentre la guida normativa non è ancora matura, lasciando i leader il compito di cercare di anticipare ciò che avverrà o di applicare gli approcci di modellazione tradizionali a questo nuovo spazio.
La creazione di una struttura di intelligenza artificiale responsabile [in inglese] è una priorità assoluta per i CDO che detengono una leadership. Rajesh Arora di Principal evidenzia come il suo team stia adottando un approccio a due livelli. Il primo coinvolge il Gruppo di lavoro Etica e Responsabilità dell’AI di Principal, che riunisce esperti di compliance, privacy, sicurezza, rischio e dominio per creare un quadro di riferimento adatto a governare il loro lavoro attraverso vari casi d’uso. Il secondo livello è costituito da un comitato direttivo composto dal CEO, dal CIO e da altri dirigenti senior che si riunisce trimestralmente per i controlli e il feedback.
Kapoor di Collins Aerospace condivide: “Quando è uscito ChatGPT, si è creata una grande richiesta in tutta l’azienda”. Questo ha fatto emergere la necessità di avere un piano di comunicazione completo e ponderato per promuovere la comprensione dell’AI generativa e l’uso responsabile dei suoi strumenti, un aspetto particolarmente importante per i settori altamente regolamentati.
Gansle rileva che un elemento critico del percorso di McDonald’s è stato l’investimento in due ruoli a tempo pieno legati all’AI responsabile: una persona si occupa di lavorare con il settore legale e con quello relativo alla conformità, nonché di navigare tra le normative in evoluzione, mentre l’altra è dedicata alla comunicazione e all’educazione. Come Kapoor, Gansle afferma che questi due ultimi aspetti sono stati fondamentali per garantire che i dipendenti di McDonald’s fossero in grado di “bilanciare i vantaggi dell’AI con i rischi associati”. Gran parte della formazione si è concentrata su come renderla pratica e utilizzabile per loro, ma anche, per esempio, quando si lavora con un fornitore, su come si fa a portarla all’interno dell’azienda. C’è una check list su ciò che si dovrebbe chiedere loro, quindi c’è anche l’educazione al rischio”, dice.
Sviluppare ed espandere l’alfabetizzazione sui dati
Questi CDO stanno anche sfruttando i programmi di formazione e i framework di tipo universitario per aumentare la conoscenza dei dati in tutta l’azienda, per far crescere i talenti interni, per minimizzare la resistenza all’AI, per acquisire maggiori informazioni su come quest’ultima può essere utilizzata per ottenere risultati di business, e altro ancora.
In Dow, Bruman racconta che l’investimento in un programma di alfabetizzazione sui dati e sull’analisi ha dato frutti significativi, e ha fornito una struttura e un approccio per diffondere la parola attraverso quella che chiamano un “guru network”.
“Quando abbiamo iniziato il programma, si è scelto un leader da ogni unità aziendale e da ogni funzione, i quali sono stati sottoposti a una formazione di tre mesi per immergerli nell’alfabetizzazione D&A. Poi abbiamo chiesto loro di uscire, trovare persone nella loro area che fossero appassionate di questo tema e farle entrare in questa rete”, spiega.
Non è stato difficile trovare figure che volessero farne parte. “I dipendenti sono ansiosi di imparare perché sanno che per essere rilevanti tra 5, 10, 15 anni, è meglio sapere il più possibile sul digitale, sugli analytics e sull’intelligenza artificiale”, aggiunge Bruman. “Le persone bussano alla porta e vogliono saperne di più”.
Per aiutare a costruire la conoscenza ai suoi vertici, Dow ha ospitato un evento di immersione nell’AI con i 150 leader senior dell’azienda, per istruirli sull’intelligenza artificiale generativa e facilitare il brainstorming su come può essere utilizzata in azienda. Inoltre, il team di Bruman conduce sessioni mensili di approfondimento digitale con i leader delle business unit, puntando molto sul “mostrare, non raccontare, e sul coinvolgimento dei leader in attività pratiche e di brainstorming”, prosegue. “Questo ha cambiato il modo con il quale i leader senior possano comprendere davvero ciò di cui stiamo parlando, piuttosto che avere informazioni riportate e vedere una presentazione in PowerPoint”.
Voorhees ha riscontrato grandi benefici dall’estensione dei programmi di alfabetizzazione sui dati alle tecnologie AI. Mantenendo la consapevolezza dei dirigenti sul panorama dell’intelligenza artificiale e sulla sua relazione con le strategie aziendali, i programmi di istruzione creano un dialogo continuo e bidirezionale su idee e opportunità, afferma.
“Questi piani eliminano le barriere comuni alla gestione del cambiamento, affrontando e anticipando le preoccupazioni sul ruolo dell’AI”, aggiunge Voorhees. “Questo approccio all’alfabetizzazione sui dati e sull’AI aiuta a creare partner più coinvolti a tutti i livelli dell’organizzazione e impedisce ai collaboratori di percepire che la trasformazione stia avvenendo per loro e non che vengono trascinati contro la loro volontà”.
Arora, il cui team presso Principal ha esteso il programma di alfabetizzazione ai dati in modo simile, sottolinea come il concentrarsi sull’elemento umano sia fondamentale. “Si tratta di formare la mentalità dei dipendenti sul fatto che la GenAI è qui per aiutarvi a creare efficienze e non per sostituirvi”, avverte.
Condurre il viaggio nei dati
I CDO stanno anche guidando le loro aziende attraverso un’evoluzione più ampia dei dati e dell’analisi, che richiede la costruzione di relazioni e l’acquisizione di consenso da parte dei leader senior e di altri stakeholder in tutta l’azienda.
Per fare ciò e facilitare una maggiore collaborazione, Bruman dichiara che Dow sta passando a un approccio decentralizzato.
“Con così tante richieste e tutto ciò che arrivava attraverso un team centralizzato, si creavano colli di bottiglia. Di conseguenza abbiamo deciso di passare a un modello più hub-and-spoke”, spiega Bruman. “Per ognuno dei raggi, c’è un leader senior che fa parte del nostro consiglio di dati e analisi. È stato molto utile durante lo sviluppo della strategia, perché possiamo chiedere: ‘Si adatta alla visione dell’azienda? Cosa ci manca? Cosa dovremmo eliminare o cambiare?”. E poi, via via che facciamo progressi, possiamo assicurarci che venga compreso il valore di ciò che stiamo facendo. È stato di grande aiuto per ottenere l’adesione, il sostegno e l’investimento”.
Arora di Principal sottolinea anche che ogni investimento ha bisogno di un business case, ed è importante ricordare che il valore creato non significa automaticamente valore realizzato. “L’obiettivo che stiamo perseguendo è quello di costruire un approccio disciplinato in cui tutto sia supportato da un caso d’uso. Questo include una narrazione del valore ben definita e un processo integrato per garantire che possiamo tracciare e realizzare il valore in modo efficace”, chiarisce.
Creare storie di valore
Lo storytelling [in inglese] è un aspetto critico e sottovalutato del lavoro dei CDO. Vendere il valore del lavoro svolto dai loro team è un’altra area in cui la comunicazione nel linguaggio, nel contesto e nei driver aziendali del loro pubblico fa la differenza.
“Non parliamo con i leader senior o con il consiglio di amministrazione di costrutti come la rete di dati o i dati come prodotto da un punto di vista accademico o tecnico”, osserva Vaughan di Brown & Brown. “Ne parliamo nei termini dei risultati aziendali che guidano. Identifichiamo i casi d’uso in cui possiamo condividere o sfruttare i dati e parliamo del modo in cui questi guidano il margine o le entrate, per dimostrare il valore aziendale dell’investimento da una prospettiva di piattaforma o di governance”.
Vaughan fa eco al punto di Bruman sul potere del mostrare rispetto al racconto: “Cercare di evidenziare le cose come appaiono, cioè: ecco ciò che possiamo fare in modo molto specifico e che portano a un risultato aziendale nel breve termine. E qui c’è l’arte del possibile: una visione di quello che sembra a lungo termine, una volta che si inizia a fare questo lavoro in tutta l’azienda”.
In alcune situazioni, la condivisione delle storie di valore da parte di altri leader aziendali può essere ancora più efficace. Vaughan consiglia di dare agli stakeholder che hanno già approvato il business case la possibilità di comunicare la storia del valore a suo nome.
L’utilizzo di analogie, aneddoti ed esempi per creare una storia [in inglese], anziché riferire soltanto della proposta di valore, è un modo efficace per rispondere alla domanda che è sempre presente nella mente dei leader aziendali: “E allora?”. Come dice Gansle di McDonald’s, nessuno vuole sentir parlare di livello semantico e di gestione dei dati master; vogliono sapere cosa significa per loro.
A volte la storia deve vendere il valore della pazienza. Come dice Terry di PRA Group, può essere difficile ottenere la pista per integrare le capacità e “costruire una macchina migliore” quando c’è un’intensa pressione per mostrare un impatto finanziario immediato. “Bisogna capire come raccontare questa storia in modo da raccogliere investimenti per il tempo necessario a consegnarla nel modo giusto: ‘Mi muoverò velocemente, ma non quanto volete voi, e questo è il motivo’”, dice.
Un ruolo in evoluzione
La maggior parte delle grandi imprese oggi impiega un CDO, ma il ruolo è ancora spesso frainteso da varie sue parti [in inglese]. Molte realtà aziendali sembrano attraversare un periodo di adattamento per garantire che il CDO sia posizionato in modo efficace alla guida dei risultati aziendali.
“Quando parlo con altri leader dei dati, sono sempre curioso di sapere a chi fanno capo”, dice Terry. Quello che ha scoperto: “Non è quasi mai coerente, e quasi sempre si tratta di una persona lontana dal CEO. L’allineamento è importante, e questa natura ambigua può essere il motivo per cui la permanenza media in questo ruolo è di 28-30 mesi, quando gli altri hanno almeno 4-7 anni”.
Nonostante sia un ruolo relativamente recente, il CDO è già diventato un fattore strategico-chiave, e questa evoluzione non potrà che accelerare nei prossimi anni. “L’analisi dei dati sta diventando un vantaggio competitivo più della tecnologia”, sottolinea Gansle.
Da parte sua, Kapoor sta abbracciando l’opportunità di reinventarsi continuamente.
“Se guardo a ciò che facevo 10 anni fa nel mio ruolo di data analytics rispetto a ciò che sto facendo ora, è molto diverso. Ma ero disposto ad andare dai leader e ad argomentare la mia proposta di investimento, impegnandomi per un ritorno del quale avrebbe beneficiato l’azienda”, dice. “Ora stiamo seguendo quella tabella di marcia e i nostri ritorni sono superiori a quelli che avevo previsto. Quindi, a volte, bisogna mettersi in gioco e credere nel lavoro”.
Man mano che il ruolo si evolve, Bruman consiglia di impegnarsi per costruire relazioni individuali con critical leader dell’azienda. “Ci si metta di fronte ai leader senior e ci si assicuri di ascoltarli per primi, in modo da non arrivare solo dopo che il fatto è avvenuto. Li si coinvolga per tempo e li si faccia partecipare”, conclude. “Ci sono voluti più sforzi di quelli che avrei potuto immaginare quando ho assunto il ruolo, ma sicuramente i risultati sono stati positivi”.
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