Come molti altri dirigenti, Erica Hausheer ha avuto molta esperienza nell’utilizzo di roadmap triennali per guidare i progetti e le conversazioni sul lavoro pianificato.
“Era uno degli strumenti del mio kit”, dice.
Ma il valore delle roadmap a lungo termine si è ridotto al punto che Hausheer, vice president senior e CIO di Teradata, ora utilizza un piano diverso, a più breve termine, per guidare lei e il suo team.
“Identifichiamo le cose specifiche che faremo a livello di programma e il modo in cui le seguiremo in un piano di 12-18 mesi, e questo piano deve avere una certa flessibilità”, spiega. “Si tratta più che altro del nostro portafoglio annuale. E al di là di quel lasso di tempo, è più a livello di strategia, sapendo che ciò che fornirò e il modo per farlo cambierà”.
Per decenni, le aziende e i loro team esecutivi hanno guardato avanti negli anni elaborando piani aziendali quinquennali e roadmap triennali per fornire alle loro imprese non solo una destinazione da raggiungere, ma anche le direzioni per arrivarci.
Anche i CIO utilizzavano questo approccio, sviluppando percorsi triennali per mantenere i loro dipartimenti IT in carreggiata.
Ma il rapido ritmo dei progressi tecnologici e i cambiamenti di mercato dirompenti hanno spinto alcuni Chief Information Officer, come Hausheer, ad abbandonare questa pratica. Dicono che non vale la pena di tracciare un piano triennale quando una nuova tecnologia trasformativa potrebbe emergere apparentemente da un giorno all’altro. E, come Hausheer, stanno scoprendo che una roadmap rielaborata, e spesso più breve, è il modo per guidare il loro dipartimento in avanti.
“Non credo che la roadmap triennale sia morta, ma credo che sia diversa”, ritiene Marc Tanowitz, managing partner della società di servizi digitali West Monroe per le attività di consulenza e trasformazione. “Per anni, è stata incredibilmente dettagliata, con piani per attività di costruzione ed esecuzione, e tutte queste funzionalità sarebbero state definite nel tempo. Ma ora ha assunto un’impronta diversa”.
Una nuova attenzione al breve termine
Bob Grazioli, CIO di Ivanti, è un altro leader IT che ha abbandonato l’orizzonte temporale di tre anni.
“Le roadmap IT sono ora più brevi, in genere non superano i due anni, a causa del rapido ritmo del cambiamento tecnologico”, spiega. “Questo consente una maggiore flessibilità e adattabilità nella pianificazione IT”.
Anche Kellie Romack, Chief Digital Information Officer di ServiceNow, sta accorciando il suo orizzonte per allinearsi ai tempi di due o tre anni che sono la norma per la sua azienda. In questo modo, si concentra sul supporto della strategia futura dell’azienda, ma con una flessibilità sufficiente per adattarsi lungo il percorso.
“Questo lasso di tempo è un punto di forza che ci permette di impostare una strategia ideale con spazio per essere agili, in modo da consegnare e superare i limiti del possibile”, dice. “Il ritmo del cambiamento tecnologico oggi è più veloce che mai, e se i leader IT non guardano subito dietro l’angolo, è possibile che rimangano indietro e non recuperino mai”.
Continua: “Alcuni cambiamenti, come l’implementazione dell’AI, sono veloci da valorizzare. In questo caso, dobbiamo implementare, iterare e migliorare rapidamente, mentre lavoriamo per le nostre strategie a lungo termine. Altri cambiamenti possono richiedere più tempo, soprattutto se comportano un complesso lavoro interfunzionale, un investimento significativo o un aggiornamento delle competenze”.
Bobby Cameron, vice president e principal analyst di Forrester Research, spiega che la lunghezza delle roadmap IT varia. Alcune organizzazioni IT traggono vantaggio da prospettive più lunghe, mentre altre traggono vantaggio da prospettive più brevi, a seconda di vari fattori, come il ritmo del cambiamento nei loro settori, gli obiettivi dell’azienda e i progetti e i sistemi compresi in una determinata strada da intraprendere.
Ma Cameron dice anche che la ricerca ha rilevato come le realtà IT più performanti, che Forrester definisce trasformative, hanno abbandonato il processo triennale a favore di quello che si sviluppa in due anni o meno. E aggiornano le loro roadmap almeno trimestralmente per incorporare i cambiamenti nel panorama tecnologico e aziendale.
Inoltre, osserva Cameron, la ricerca mostra che i reparti IT che hanno percorsi di tre o più anni non sono altrettanto reattivi o di supporto alle loro aziende, consentono l’operatività, ma senza assicurare che si superi la concorrenza, tanto meno che si trasformi.
“Chi sostiene di lavorare su una strategia di tre-cinque anni, mi sta dicendo che la sua strategia aziendale non prevede molti cambiamenti”, aggiunge.
Le roadmap sono ancora importanti
Per essere chiari, i consulenti esecutivi e i CIO esperti sostengono che è ancora necessario stabilire un percorso per l’IT, indipendentemente dal fatto che si chiami roadmap o in un altro modo, o che duri un anno o più. Anche se la durata di questi piani è diventata più breve, sono ancora preziosi, indica Jenica McHugh, amministratore delegato dell’area di consulenza e strategia tecnologica di Accenture.
“Una roadmap è ancora uno strumento utile per fornire la stella polare, gli obiettivi e i traguardi che si stanno cercando di raggiungere, e un’idea di come si arriverà a quegli obiettivi”, osserva McHugh.
Senza questo, secondo McHugh, i CIO non riusciranno a fornire in modo coerente ciò che è necessario al momento giusto per le loro aziende, né a portare l’IT in uno stato avanzato ottimale.
“Se non ha un obiettivo o un risultato, andrà da qualche parte, glielo possiamo assicurare, ma non finirà in un luogo specifico”, aggiunge.
Le roadmap [in inglese] aiutano i CIO anche a gestire i vari stakeholder – i colleghi dirigenti, i membri del consiglio di amministrazione, i lavoratori – definendo le aspettative su quale lavoro verrà svolto e quando. Oltre a far comprendere loro se si stanno muovendo nella giusta direzione [in inglese] e al giusto ritmo, stabilendo delle milestone da utilizzare per segnare i progressi.
“Aiutano anche a creare conversazioni, a far capire a tutti su che cosa lavorare, a quale lavoro dare priorità e quale, invece, non è funzionale al raggiungimento dell’obiettivo indicato nella roadmap”, dichiara McHugh, che ha lavorato anche con divisioni IT prive di roadmap, descrivendole come “molto reattive”.
“È come il Whac-A-Mole, e sono costantemente in ritardo perché non conoscono la direzione in cui dovrebbero andare”, afferma.
McHugh lavora con i Chief Information Officer per definire le loro roadmap, collegandole alla strategia generale dell’azienda. Per questi piani, McHugh si attiene alla linea temporale di tre anni. Tuttavia, varia drasticamente i dettagli inclusi di anno in anno.
Le roadmap hanno piani dettagliati per il primo anno, comprese le attività mensili, le milestone e le note aggiuntive annidate sotto entrambe, per i mesi a venire. Ma i dettagli iniziano a svanire dopo i 90 giorni, e il secondo e il terzo anno hanno solo piani generali di alto livello.
Il problema dei percorsi pluriennali, dice McHugh, non è tanto il guardare avanti, quanto piuttosto l’avere troppa specificità. “L’errore tende a essere l’eccesso di dettagli”, spiega. “Gli esseri umani sono notoriamente pessimi nel prevedere il futuro. Perciò, se i dettagli sono troppi, si tratta di una falsa precisione”.
Alla luce di tutto ciò, non dovrebbe sorprendere che McHugh consigli ai CIO di diventare sempre più scarsi nelle loro visioni quando guardano avanti di due o tre anni. Le roadmap in genere non dovrebbero andare oltre, dice, perché è impossibile prevedere con un certo grado di accuratezza il futuro. “Una volta superato il terzo anno, ci avviciniamo al punto di inventare le cose”, sottolinea.
Inoltre, il manager dichiara di consigliare ai CIO di modificare regolarmente le roadmap, invitandoli a rivederle ogni 30 giorni per valutare e poi modificare, se necessario, i piani per i 90 successivi.
“L’importante è assicurarsi che la roadmap sia costruita in modo tale da essere flessibile ai cambiamenti”, aggiunge.
L’attenzione al business è fondamentale
La flessibilità di una roadmap e la sua lunghezza sono solo due dei fattori da considerare quando la si crea, dicono McHugh e altri.
L’allineamento alla strategia complessiva dell’impresa è altrettanto critico – se non di più – della durata o della flessibilità della roadmap.
“A volte l’IT ha creato una roadmap nel vuoto. Non è nemmeno detto che sia sbagliata, ma l’IT può trovarsi in una situazione in cui è difficile spiegare come i suoi piani si allineino a ciò che l’azienda vuole ottenere”, tiene a precisare McHugh.
In questo caso, i CIO “devono tornare alla roadmap e parlare degli obiettivi e delle milestone aziendali e di come legarla alla strategia aziendale”, dichiara.
Grazioli di Ivanti rivela che lui e altri Chief Information Officer stanno adottando sempre più questo approccio.
“La roadmap pluriennale dell’IT è ancora in atto, ma si è spostata dall’essere guidata dalla tecnologia all’essere più orientata al business”, rileva. “Questo cambiamento è dovuto al fatto che i CIO devono allinearsi con l’intera C-suite e avere visibilità con il CEO per garantire che i piani e gli investimenti IT si allineino con gli obiettivi aziendali generali”.
E poi aggiunge: “Una buona roadmap IT incorporerà anche le esigenze aziendali nelle priorità IT, concentrandosi sui risultati orientati al business piuttosto che sui miglioramenti orientati solo agli asset IT”.
Anche Romack sottolinea l’importanza di allineare la roadmap IT al business, affermando di inserire gli obiettivi aziendali nella timeline del piano da tre punti di vista.
La prima è la pianificazione visionaria. “Questa prospettiva di due o tre anni consiste nel fare quelle scommesse strategiche-chiave per la crescita che possiamo mettere a punto per portare l’azienda al livello successivo”, spiega. “Un esempio è la visione che potrà portare a diventare un’impresa AI-first a lungo termine, insieme alla strategia pluriennale di reimmaginazione dei ruoli, degli strumenti e della formazione in tutta l’azienda per arrivarci”.
La seconda è la pianificazione annuale. “Una roadmap di due o tre anni non significa che il lavoro sia finito. Dobbiamo esaminarla con cadenza trimestrale o più, per monitorare e applicare gli insegnamenti. Questo termine è particolarmente importante per rivalutare il budget, in quanto bilanciamo la spesa per i nuovi investimenti tecnologici, come l’AI, rispetto alle esigenze infrastrutturali-chiave”.
Il terzo punto è la pianificazione mensile. Romack illustra questo aspetto utilizzando come esempio il suo approccio all’intelligenza artificiale. “Con l’AI, ci concentriamo sull’innovazione e sul raggiungimento del valore in tempi brevi, quindi otteniamo risultati rapidi, dopodiché scaliamo e adattiamo i nostri piani mensilmente o settimanalmente, a seconda delle necessità”, conclude. “Questo comporta una revisione regolare delle metriche di valore per l’intelligenza artificiale, come l’adozione, il sentiment, la produttività e l’efficacia. Un ciclo più rapido aiuta a mantenere lo slancio e l’adattabilità necessari per generare ritorni e allinearsi ai driver aziendali-chiave”.
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