Tradizionalmente concentrato sull’eccellenza operativa, il Chief Information Officer, oggi, deve rispondere a un nuovo mandato strategico: diventare orchestratore del valore di business. Il passaggio dell’IT da funzione tecnologica a abilitatore della trasformazione aziendale (non solo digitale) è in corso da qualche anno, ma oggi è imperativo, perché la diffusione dell’intelligenza artificiale sta cambiando radicalmente i processi, le operazioni e il modo stesso di lavorare. Lo scrive IDC in una recente analisi [in inglese] che evidenzia le priorità del CIO dell’era moderna, in cui l’intelligenza artificiale non è un’applicazione, ma un mezzo per produrre risultati economici.
“I Chief Information Officer devono evolvere da gestori della tecnologia a innovatori strategici e mettersi alla guida di organizzazioni che diventano adattive e resilienti”, scrive IDC. “Purtroppo, ancora oggi molti di loro così come numerosi dipartimenti tecnologici, più in generale, rimangono troppo focalizzati sull’IT tradizionale e le relative metriche e ciò limita la loro capacità di generare fatturato e crescita per la loro azienda. Chiudere questo gap richiede un cambio di prospettiva totale che già la digitalizzazione ha anticipato e ora l’AI rende quanto mai urgente”.
L’esperienza di Ferdinando Peretto, Group Chief Information Officer presso Azimut-Benetti Group (cantieristica navale), è indicativa di quale sia il nuovo compito del CIO.
“Quando sono arrivato in azienda, l’IT tendeva ad essere percepito come una funzione di servizio e non era facile farsi assegnare risorse per innovare”, racconta Peretto. “Inoltre, all’epoca, i ruoli erano in qualche modo intercambiabili e non ben definiti. Perciò ho introdotto dei cambiamenti in due direzioni: da un lato, gestire diversamente i talenti interni e cercarne di nuovi, dall’altro trasformare l’IT facendolo diventare strategico e credibile all’interno dell’organizzazione. Oggi siamo a tutti gli effetti collegati al business e l’IT è un punto di riferimento per le altre funzioni”.
L’IT “ente di business” e “consulente interno”
Per trasformare l’IT da puro servizio a ente di business, Peretto ha, innanzitutto, coinvolto maggiormente le risorse del suo team nelle iniziative del business. Il reparto IT è diventato una sorta di “consulente interno” che partecipa alle decisioni (per esempio, la scelta dei software gestionali) o ai progetti, come l’aggiornamento dell’ERP, in cui il team del manager è stato coinvolto anche per il ri-disegno di alcuni processi e il supporto agli utenti interni.
“Dal 2019 abbiamo proceduto all’aggiornamento di alcuni progetti importanti: così il mio team è entrato a tutti gli effetti nei processi aziendali”, sottolinea il CIO.
Nel riposizionamento dell’IT Peretto gestisce la sua funzione come “un’azienda nell’azienda” e le persone del suo team sono sia integrate nel business sia con i fornitori, ormai divenuti quasi tutti dei veri e propri partner. Ciò consente di gestire il lavoro in tempi utili per il business e di coprire tutte le esigenze senza necessariamente aumentare l’organico.
“Ho organizzato il team in modo che ogni risorsa abbia un suo ruolo specifico. Questo ha responsabilizzato le persone”, afferma Peretto.
La riorganizzazione del team e i nuovi ruoli
Per farlo, il top manager ha creato dei nuovi ruoli. Per esempio, ha affidato a un collega la responsabilità su software (i prodotti off-the-shelf) e application (le novità, personalizzazioni, eccetera) e questa persona ne ha, a sua volta, altre a riporto. Peretto ha anche creato un centro di eccellenza di help desk, affidandone la responsabilità a un altro collega.
“È un sistema per valorizzare e dare opportunità di crescita”, tiene a precisare Peretto. “Ovviamente molto dipende anche dai singoli e da quanto sono disposti a cambiare ruolo e cogliere l’opportunità di cambiamento. Il CIO fa crescere i talenti anche per delegare e deve insegnare a gestire la delega in modo che le persone siano autonome, ma senza che si crei l’anarchia”.
Il compito del Chief Information Officer, dunque, è capire le competenze e le attitudini delle persone che ha a disposizione e supportare la crescita professionale con il coaching: Peretto conduce un vero training on the job per le sue risorse che vuole far crescere, ovviamente supportato dall’ Academy interna e dalla partecipazione ad eventi formativi esterni.
“Il coaching e il training on the job li ho imparati dagli americani, quando ho lavorato in GM”, racconta. “Far crescere le persone apre una nuova attività per il CIO, che non solo agisce da mentor, ma deve fare in modo che questa crescita sia guidata da un piano e riconosciuta in azienda”.
Ancora una volta, valorizzando l’IT agli occhi del business.
Dalla trasformazione digitale alla business transformation
Implementare un piano di trasformazione a supporto della crescita del business è il preciso obiettivo con cui un altro Chief Information Officer, Giuseppe Pitarresi di Omer SpA (progettazionee fabbricazione di arredi per i treni), è stato assunto in azienda. Pitarresi è sia CIO che Program Manager per le iniziative di trasformazione digitale ma, spiega, “È tutto in corso di definizione, anche il ruolo dell’ITsta evolvendo e si sta espandendo oltre la parte tecnica: stiamo portando gli strumenti digitali e definendo la metodologia da applicare. Ciò condurrà a grandi cambiamenti, anche organizzativi, e all’introduzione di nuove figure in azienda. È una sfida stimolante”.
Il compito che il CdA ha affidato a Pitarresi, due anni fa, è quello di digitalizzare i processi core dell’azienda permettendo l’implementazione di un modello scalabile che possa rendere sostenibile e gestibile la forte crescita, in termini di volumi e complessità, dell’azienda. L’IT è stato riconosciuto come essenziale e il CIO riporta direttamente all’amministratore delegato.
“La complessità nasce dal fatto che produciamo su commessa, ma abbiamo anche le caratteristiche della produzione di serie”, commenta Pitarresi. “Agiamo su un mercato in forte crescita e le richieste che riceviamo sono in aumento. Dobbiamo riuscire a ottenere scalabilità pur nella variabilità dei prodotti e nelle tante personalizzazioni”.
L’azienda si sta muovendo per priorità e aree di opportunità. Il primo passo del CIO è stato quello di concentrarsi sul dominio digitale relativo al prodotto e al suo digital twin, introducendo un PLM di fascia enterprise, evolvendo il CAD tridimensionale e gli strumenti precedenti con sistemi in grado di gestire, in maniera collaborativa, l’intero ciclo di vita di prodotto. Nella fabbrica arriverà un MES, per avere visibilità completa sulla produzione e la logistica.
In corso di implementazione c’è anche un ERP SAP chiamato a integrare i processi aziendali – logistica, costing, planning, manufacturing, ciclo attivo e passivo, eccetera. Anche questa è una sfida innanzitutto organizzativa, più che tecnologica.
“Stiamo ancora finalizzando questa parte”, chiarisce il CIO, “ma l’introduzione di nuovi processi e strumenti indurrà una specializzazione di alcuni ruoli in azienda, in particolare su aree come l’ingegneria di produzione, le operation e il planning”
Strumenti sofisticati di pianificazione, simulazione e controllo di produzione, che prima non erano indispensabili per la dimensione di Omer, adesso sono essenziali per ottimizzare la capacità produttiva e diventano la base di un modello operativo scalabile che – secondo gli obiettivi fissati dal board – permetterà a Omer di sostenere le sfide del mercato tenendo sotto controllo i margini. E così l’IT diventa un abilitatore del business.
Non più commodity: la tecnologia fa crescere il fatturato
Il CIO Andrea Giacchero, che ha lavorato nelle industrie dell’automobile e della manifattura di lusso, ha sempre avuto un atteggiamento deciso nel proporre l’IT come business partner. Sicuramente, il manager è stato anche favorito dal fatto di essere stato assunto nelle varie esperienze col preciso compito di modernizzare la funzione IT rendendola una guida per la trasformazione digitale.
“Spesso nelle imprese manifatturiere gli imprenditori per crescere investono nel marketing, nel prodotto o in altre aree, non nell’IT. Ma anche l’IT è strategico”, sottolinea. “Quando la proprietà comprende che l’IT non è solo una commodity o un costo, ma il mezzo per arrivare agli obiettivi di crescita del fatturato, allora il CIO ha vita più facile e riesce a guidare la trasformazione verso l’IT strategico”.
Anche in questo caso la trasformazione aziendale parte, ovviamente, da quella digitale, ma solo come trampolino di lancio per un radicale cambiamento nel ruolo dell’IT. In una delle sue passate esperienze come CIO, Giacchero ha agito innanzitutto riprendendo in mano i progetti su cui l’azienda era rimasta ferma: ha rinnovato le reti portandole su prodotti standard, ha affidato all’esterno la parte IT considerata commodity, tenendo all’interno la parte di valore e liberando risorse per qualche assunzione, e ha attivato i servizi per la gestione dell’help desk, introducendo maggiore automazione e liberando tempo che le persone hanno potuto dedicare a idee e progetti.
“All’esterno ho portato la gestione della rete, della data room e di Pc, telefonia e help desk”, spiega, “mentre ho esternalizzato tutto quello che era IT puro e non valore di business. All’interno ho lasciato tutta la parte applicativa e, naturalmente, la governance”.
In questa evoluzione dell’IT, il Chief Information Officer ha anche portato il PLM – il software che gestisce il ciclo di vita del prodotto – dalle operation alla gestione da parte del suo team. Per i prodotti che sono stati lasciati sotto la responsabilità delle operazioni Giacchero ha istituito delle figure interne all’IT con il ruolo di demand manager, che sono ottimi conoscitori dei processi e riportano al CIO, pur se funzionalmente dipendono dai direttori delle varie aree.
“Si tratta di una struttura a matrice”, rileva Giacchero, “che, secondo me, funziona bene e fa apparire l’IT agli occhi del business non come una pura funzione tecnica, ma come una loro componente, ovvero come un business partner dal valore strategico”.
Il risultato di questi interventi è stato quel salto di qualità del CIO e dell’IT di cui si parlava: “L’IT fa aumentare l’Ebitda: questo è il messaggio che è passato perché si sono visti i risultati, non solo nell’aumento di fatturato, ma nella riduzione dei costi”, dichiara il manager. “E lo stesso modello si può replicare in altre funzioni, soprattutto quelle che si interfacciano con il cliente finale”.
La prossima evoluzione: il CIO leader della sostenibilità
La business transformation si configura, dunque, come una trasformazione aziendale a tutto campo sicuramente abilitata dalle tecnologie, ma che non si ferma alla digitalizzazione. Si tratta di cambiare modelli, processi, organizzazione del lavoro, approccio al cliente e ai talenti in modo che siano elastici ed adattabili alle novità, ciò che, oggi, si descrive spesso con l’aggettivo “resiliente”. Un’altra caratteristica della business transformation, come spiega anche IDC, è la rottura dei silos aziendali: l’IT non è separato dal resto e ogni funzione comunica fluidamente con le altre.
Un terzo elemento che cresce di rilevanza è la sostenibilità: sta diventando una priorità core per le aziende e gli investimenti tecnologici sono fondamentali per permettere di raggiungere gli obiettivi ESG. IDC prevede che, di qui al 2027, il 50% dei CIO sarà responsabile dell’integrazione degli obiettivi di sostenibilità in tutti gli obiettivi tecnologici, misurandone i risultati per indirizzare gli investimenti e mantenerli in linea con i target ambientali. Ancora una volta, ciò è cruciale nell’era dell’AI, una tecnologia per definizione energivora.
Potremmo indicare come prossima evoluzione del CIO non solo quella di business partner ma di leader della corporate responsibility che, con la tecnologia, è in grado di generare esiti che riducono l’impatto ambientale e aumentano le ricadute sociali dell’attività aziendale, posizionando l’organizzazione in modo convincente agli occhi di consumatori, investitori e regolatori e, in definitiva, creando ancora più valore e differenziazione competitiva e allontanando per sempre la datata percezione dell’IT come puro costo o commodity.
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