Difficile farselo approvare ed è sempre una coperta troppo corta. Parliamo del budget IT, la cui definizione e presentazione alla C-suite rappresenta uno dei compiti fondamentali e più delicati del CIO. Come ci ha detto un manager italiano: “L’IT è ancora visto, in molti casi, come costo e non come investimento strategico. Ci sono aziende più mature e illuminate, ma non sono la norma. Perciò, dal punto di vista del CIO, il budget è sempre inadeguato. Ma bisogna farselo bastare”.
Si tratta di un’opinione condivisa tra i CIO in Italia, anche quando si sottolineano le eccezioni.
“Ho sempre lavorato in aziende che avevano in mente o in atto dei progetti di profondo cambiamento e, quindi, i soldi c’erano”, ci ha detto l’ex Direttore IT di alcuni grandi gruppi industriali. “Ma il budget è sempre un tema scottante, perché è sia un investimento che un costo. Se ci si sbilancia troppo sul costo si rischia di far perdere il senso del valore dell’IT”.
Il compito del CIO è far percepire questo valore con le sue proposte attive, presentando, tramite dati oggettivi, i concreti benefici che giustificano la spesa. Il CIO deve collegare IT e business, elencare i punti di debolezza esistenti e dimostrare che, con gli investimenti previsti, potrà risolverli.
Come definire e farsi approvare il budget IT
Ciò non toglie che la strada verso l’approvazione del budget sia spesso in salita.
“Quasi mai il budget che il CIO propone viene approvato così com’è dal board”, sottolinea Barbara Marmello, Group Head of Enterprise Applications di Joivy (piattaforma online per la gestione di spazi residenziali e business). “Il board tende a tagliare, a volte calando le decisioni dall’alto e senza valutazioni approfondite. Per esempio, mi è capitato che mi si chiedesse di diminuire le licenze software e non sempre è possibile privare le persone di un certo prodotto. Ma è chiaro che, col passaggio da Capex a Opex, le licenze stanno diventando una voce importante del budget: la spesa sale e il board, automaticamente, vuole tagliare”.
C’è anche la questione degli aumenti dei prezzi: Marmello cerca di inserirli sempre nel suo documento previsionale. In alcuni casi si tratta di aumenti prevedibili, perché i vendor li attuano anno dopo anno, come accade con Oracle, o, comunque, li preannunciano con un anticipo, come fa Microsoft. Ma non sempre i fornitori consentono di prevedere in modo trasparente le variazioni di prezzo, per cui può essere consigliabile accantonare una cifra nel budget per assorbirli. In altri casi ancora, possono sopraggiungere degli aumenti inattesi e considerevoli – come accaduto di recente con i prodotti di virtualizzazione VmWare – e il CIO è forzato a chiedere un extra budget per l’anno di contratto in corso.
“Io cerco di mettere a disposizione dei dirigenti tutti i dati che ho, come il numero di licenze e la loro tipologia e gli aumenti previsti o prevedibili, e inserisco nel documento previsionale dei livelli di granularità diversi per i vari interlocutori del business, che possono voler approfondire di più o di meno le varie voci”, spiega Marmello. “Poi ci sono le scadenze normative, che implicano delle spese come, per esempio, quelle per la formazione. E valuto anche che ci saranno sia i progetti sia degli imprevisti, e così indico una previsione anche sulla contingency”.
La definizione dei progetti e del loro costo è un importante compito per il CIO, particolarmente strategico e delicato, perché i progetti di trasformazione digitale permettono all’azienda di evolvere. Ma come far comprendere che quella spesa è necessaria e crea valore? Portandosi a bordo il business.
Il CIO deve allearsi col business
“Io cerco di fare una raccolta delle necessità dei colleghi, perché alcuni progetti possono essere facilmente identificabili, come l’upgrade di un ERP o un CRM”, osserva Marmello. “Ma il business deve appoggiare questi progetti, dimostrare alla C-suite che all’azienda servono. Quando i manager del business hanno le idee chiare è più facile identificare la soluzione da comprare e il budget necessario e ottenere l’approvazione”, prosegue la manager. “Se è il CIO che la propone o impone è più difficile”.
Se, però, i direttori delle aree business non riescono a pianificare un progetto, al CIO non resta che procedere per ipotesi: quali soluzioni potrebbero servire con maggiore urgenza e quanti fondi andranno previsti nel budget. Quando, poi, il business esprime un’esigenza, c’è una somma a cui attingere.
“L’ho fatto spesso: mi sono preparata un tesoretto”, commenta Marmello. “È molto utile, anche se va calcolato che, se l’azienda comincia a fare tagli, il tesoretto è il primo a sparire”.
Silvia Lametti, CIO con esperienza nel settore manifatturiero e multinazionale, e membro di AUSED, condivide l’importanza del supporto delle funzioni di business nel chiedere un investimento.
“Nelle imprese italiane è sempre più diffusa l’apertura all’innovazione, ma la funzione IT viene ancora percepita spesso come un centro di costo e non come un asset strategico. Per questo è fondamentale che il CIO collabori con le altre funzioni di business per supportare le richieste di investimento alla proprietà, il board o il CEO”, afferma la manager.
Lametti sottolinea di aver sempre affrontato la definizione del budget IT in modo “strategico e proattivo”, partendo da un dialogo costante con le aree di business per comprendere le loro necessità e trasformarle in investimenti mirati.
“Il CIO non deve solo recepire le richieste, ma anche guidare il business nella comprensione del valore strategico della tecnologia”, evidenzia.
Il CIO, infatti, raccoglie i suggerimenti di innovazione, valuta il loro impatto sui risultati di business (come la crescita del fatturato, la riduzione costi o il miglioramento della customer experience) ed evidenzia i rischi del mancato investimento (per esempio, sicurezza, obsolescenza o perdita di competitività). Poi mette le richieste in una scala di priorità in base agli obiettivi aziendali. Questo garantisce che il budget IT sia realmente definito a beneficio del business.
“Un aspetto fondamentale è lavorare in sinergia con i manager delle funzioni che beneficiano direttamente degli investimenti tecnologici”, dichiara Lametti. “Per esempio, se si prevede un investimento in AI per migliorare il customer service, il responsabile di quest’area deve essere coinvolto fin dalle prime fasi, comprendendo e sostenendo il valore della tecnologia. Il suo supporto sarà determinante nel giustificare il budget e nell’assicurare che l’adozione della soluzione sia efficace e generi impatto misurabile”.
Il grande problema del ROI
È anche vero che i CIO hanno il grande problema di dimostrare il ROI, ovvero il ritorno sugli investimenti che chiedono: in alcuni casi è più semplice calcolarlo, in altri, dimostrare che la spesa si traduce in ricavi è un’operazione più sottile.
Per esempio, se alcuni compiti dell’amministrazione (come la ricerca di documenti o l’inserimento di dati) richiedono un certo tempo per essere svolti, è facile quantificare la riduzione di tale tempo tramite l’adozione di uno strumento di automazione. Questa aumentata efficienza, di solito, è convincente per chi deve approvare il budget.
Più difficile dimostrare il valore degli investimenti nelle aree della cybersicurezza e della compliance, secondo Marmello, oppure nelle implementazioni CRM e ERP, specialmente se sono sul cloud.
“In un caso ho chiesto aiuto ai colleghi del Legal per farmi approvare il budget”, dichiara la manager, “ma tante volte nemmeno lo spauracchio degli attacchi capitati ad altre aziende o delle multe per chi viola le regole è sufficiente, occorre una certa maturità da parte dell’azienda. In passato mi è capitato di vedermi approvato un progetto di business continuity dopo ben tre anni che lo proponevo. Ho dovuto prima guadagnarmi la fiducia del CEO e fargli capire l’importanza della continuità sugli affari aziendali. In un altro caso ho spinto l’adozione dell’ERP spiegando che tenere i dati in casa significava avere un vantaggio strategico rispetto ad affidarli a una terza parte. L’ERP è la base dell’azienda data-driven, ma bisogna dimostrare il valore dei dati e della loro qualità e tempestività”.
La sfida: aumento dei prezzi ed esplosione dell’Opex
Viola Frediani, IT Finance & Business Intelligence Manager di Lucart (azienda produttrice di carta), sottolinea che, nel suo documento di budget, l’asse portante è la suddivisione delle attività tra i progetti in conto capitale (Capex) e quelli che, invece, rappresentano spese ricorrenti (Opex). La sfida è la crescita costante di quest’ultima parte, vista la tendenza dei fornitori a proporre i loro prodotti in versione as-a-service.
“L’Opex sta salendo di anno in anno e diversi progetti finiscono con l’essere accantonati”, afferma Frediani. “Può capitare che, in fase di redazione di bilancio, si suddivida la spesa prevista tra Capex e Opex in misura relativamente equivalente, per poi scoprire che i prodotti software disponibili sul mercato comportano uno sbilanciamento sull’Opex. Se il cambiamento non è prioritario potremmo decidere di rinunciare o rimandare”.
Lucart suddivide l’lT in quattro sotto-reparti in base ai processi. Frediani guida la parte Finance e BI, mentre i suoi colleghi sono a capo delle suddivisioni Infrastrutture, ERP e Sistemi di fabbrica. Tutti riportano al CIO Massimiliano Bartolozzi e ciascuno prepara il budget del suo reparto, che viene poi discusso col CIO e portato da quest’ultimo al board.
“L’impulso a includere un progetto nel budget arriva quasi sempre dal business: raccogliamo le esigenze dei team operativi e poi, col CIO, decidiamo come metterli in scala di priorità in base, innanzitutto, al concreto valore aggiunto che possono portare”, indica Frediani. “Anche il costo è un fattore determinante: sappiamo che, in sede di approvazione tra gli executive, potrebbero essere rifiutati alcuni investimenti, se ingenti e non in grado di portare un chiaro beneficio. Al contrario, se dimostriamo il valore è più facile ottenere il via libera: è stato così per la digitalizzazione del processo documentale, un progetto complesso e costoso, ma necessario e con grandi benefici di efficienza e di sostenibilità, che sono elementi distintivi della nostra azienda”.
È il CEO a dire l’ultima parola sul budget dell’IT e il controllo delle uscite resta una priorità strategica: Lucart è un’azienda manifatturiera legata alla lavorazione della carta e, quindi, fa largo uso di energia, una materia prima divenuta molto costosa. Anche i prezzi dei vendor tecnologici sono aumentati notevolmente: l’unione dei due fattori riduce la possibilità di spendere.
KPI e credibilità, così il CIO porta avanti il suo budget
Per dimostrare il ROI ai vertici aziendali, diversi analisti suggeriscono ai CIO di predisporre un sistema di misurazione con KPI che riflettono i risultati sia sul versante IT che di business. È importante anche avere strumenti e processi per raccogliere dati sulle prestazioni in modo continuativo e aggiornato. Tra i KPI più rilevanti ci sono la crescita del fatturato attribuita alle iniziative IT, i risparmi di costi derivanti dall’automazione dei processi, il miglioramento nei punteggi relativi alla soddisfazione dei clienti e l’aumento della produttività dei dipendenti.
“I dati obiettivi e i KPI sono strumenti essenziali per rendere convincente la pianificazione del budget”, riconosce Lametti. “Il CIO deve presentare il budget in modo strutturato, coinvolgendo il CFO, il COO e altri executive per garantire allineamento e supporto. Una collaborazione efficace tra il CIO, i C-level e le diverse funzioni aziendali è essenziale per massimizzare il valore degli investimenti tecnologici”.
Ovviamente gli investimenti IT non hanno solo un valore nel breve termine, ma generano vantaggi soprattutto nel lungo periodo: anche questo va comunicato dal CIO con efficacia. Inoltre, gli investimenti possono produrre benefici non tangibili altrettanto importanti di quelli descritti dai numeri, come un processo decisionale più veloce, la collaborazione più efficace tra le persone o anche l’attrattività verso i talenti.
Molti CIO sottolineano che, per ottenere l’approvazione del budget, la prima cosa è dimostrarsi credibili: non mettersi a negoziare col CEO sulla cifra da farsi assegnare, ma portare dati certi dopo aver svolto un’accurata ricerca sul mercato per fornire una stima affidabile dei soldi che servono.
I CIO devono anche tenere presente che fornire dati e previsioni agli altri executive significa presentarli con il linguaggio del destinatario, quindi non con i termini tecnici dell’IT, ma con quelli che un CEO, un CFO o un CMO possono comprendere in modo immediato. Un’altra buona norma è fornire alla C-suite una mappa dei prodotti presenti in azienda e di quelli che mancano ma sarebbero fondamentali, e dedicare tempo a spiegare ai colleghi quello che potrebbe servire.
“Il CEO fa resistenza quando non ha chiari i benefici dell’investimento: bisogna contestualizzarlo”, sottolinea Lametti. E poi – prosegue la manager – “bisogna evitare di portare avanti mille progetti, ma bilanciare e dare priorità, perché le risorse finanziarie e umane non sono infinite”.
Infine, è bene ricordare che non è solo il CEO, a volte, a non capire la ragione di un investimento proposto. In alcuni casi è anche il CIO che non comprende perché dall’alto vengano imposte determinate priorità. Questo succede quando quest’ultimo non è parte della pianificazione strategica: nelle incomprensioni tra CIO e CEO si cela l’origine di tante insoddisfazioni e limitazioni del ruolo del Chief Information Officer, ovvero essere considerato solo un servizio tecnico e un centro di costo anziché una funzione del business.
Un CIO protagonista della C-suite sarà sempre più allineato con i desiderata del resto dei direttori e sarà anche facilitato nell’ottenere l’approvazione di un budget che va nella direzione della strategia aziendale.
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