Avere un team IT ad alte prestazioni è sicuramente uno dei principali obiettivi dei Chief Information Officer. Riuscirci, ovviamente, dipende dalle persone che costituiscono la squadra di lavoro, ma la capacità del CIO di capire le sue risorse e comunicare la strategia è ugualmente importante.
“La cultura aziendale è fondamentale per avere un team motivato e coeso”, afferma Luca Danelon, Associate Partner, Page Executive.
Per Davide Alberici, COO & CIO di Desktoo Italia (gruppo PBS Holding, distribuzione di prodotti per ufficio), “È molto importante dare una comunicazione chiara e costante della visione non solo in fase di selezione, ma come elemento di guida continua per il team”.
Anche la formazione è un elemento centrale, sia perché permette di aggiornare continuamente le competenze tecniche sia perché allinea queste competenze alle esigenze evolutive dell’azienda. E poi ci sono i KPI: “Vanno usati con grande trasparenza come strumento per creare fiducia e responsabilità all’interno del gruppo di lavoro”, sottolinea Alberici.
I team, infatti, devono essere in grado, almeno parzialmente, di auto-organizzarsi: “Un buon manager si vede quando va in vacanza: se il team funziona bene lo stesso, allora è un bravo leader”, ci ha detto un CIO.
L’ABC del team di successo
Costruire un team IT di successo è un lavoro che parte dalla base: la selezione delle persone. Già in questa fase occorre illustrare la vision aziendale, far capire la strategia e gli obiettivi e definire le competenze e i ruoli.
“Questo è importante soprattutto nelle organizzazioni complesse come la nostra, dove i team sono distribuiti in più Paesi”, osserva Alberici. “Noi siamo un’azienda commerciale e lo scopo dell’IT è dare il miglior servizio per il business: questo deve essere chiaro a tutte le persone del team per lavorare all’unisono. Io mantengo il focus sulle persone per tenere il gruppo coeso e orientato al risultato, che è quello di far crescere l’organizzazione con soluzioni innovative”.
Una strategia che Alberici adotta nel formare i suoi gruppi di lavoro è affiancare le persone con più esperienza a quelle entrate da poco in azienda, in modo che le figure senior aiutino quelle junior a crescere.
“Raccomando a chi è più esperto di non fornire sempre la soluzione a ogni domanda dei meno esperti, ma di incoraggiare i giovani a trovare i loro strumenti per risolvere i problemi e imparare ad essere autonomi. Ho sempre creduto in questo sistema, anche nelle mie esperienze passate di CIO per altre aziende”, prosegue il manager.
Un altro segreto del successo per i team IT è fare formazione continua sulle competenze sia soft che hard di ciascuno, anche in modo personalizzato, per mantenere il team ispirato e qualificato. Tra le prime, per Alberici è fondamentale che le persone nel team IT sappiano gestire il tempo e lo stress, tanto che il manager si occupa personalmente di fornire materiali per la formazione in queste aree.
“In un team IT che funziona il CIO deve insegnare, soprattutto alle figure junior, a conoscere i processi e il loro impatto sul business per poter valutare correttamente a quali problemi dare la priorità nella risoluzione e quali, invece, possono aspettare”, dice Alberici. “È importante saper uscire dalla mentalità dell’IT puro per entrare nel processo aziendale: questo fa il successo di un team IT. Perché se si blocca un computer in amministrazione è un conto, ma se si ferma il sito e-commerce è un altro: c’è un danno sull’attività e sul fatturato”.
Il CIO come mentor
Per molti manager, anche il poter delegare è un valore fondante per un team ad alte prestazioni: il Chief Information Officer non può occuparsi direttamente di tutto. Alcuni temono la perdita di controllo, ma il CIO è un ruolo sempre meno operativo e necessariamente deve affidare agli altri i compiti pratici per potersi concentrare su quelli strategici.
“La delega e la responsabilizzazione sono il principale motore della crescita professionale e con le risorse del team definiamo insieme il percorso di crescita verso un ruolo che viene deciso di comune accordo”, dichiara Tommaso Pagnini, CIO di Profilglass (azienda della lavorazione di alluminio di alta qualità).
L’approccio di Pagnini è quello di responsabilizzare le persone, dando loro compiti chiari che sono contenti di assumersi. In questo percorso, il CIO segue da vicino le sue risorse affiancandole come mentor.
“L’attività di coaching e mentoring è l’aspetto più importante del mio lavoro”, afferma Pagnini. “Il mandato principale che ho, in accordo con la proprietà, è di far crescere le persone e la funzione IT e, di conseguenza, tutta l’azienda. Perciò applico un mentoring quotidiano. E il migliore strumento di mentoring è la delega”.
Per questo la prima competenza del CIO deve essere saper capire le persone che ha davanti e saper dialogare con loro. Le skill tecniche restano la base, ma non è necessario che sia uno specialista di tutto: per Pagnini “deve capire le problematiche e le dinamiche di mercato IT, confrontarsi con gli specialisti e poi delegare, come un direttore d’orchestra che conosce tutte le partiture, ma non è detto che sia un virtuoso di uno specifico strumento”.
L’importanza dei KPI
Oltre a capire le attitudini delle persone e indirizzare la formazione in base alle competenze e alle esigenze di ciascuno, è importante che il CIO sappia istituire dei processi di misurazione delle performance del team concreti e non discutibili. Alberici di Desktoo, per esempio, ha definito dei precisi KPI che condivide anche col board. Questi parametri rappresentano numeri obiettivi che danno una guida tangibile a tutti nel team.
“Le persone devono potersi prendere carico delle problematiche da gestire e assumersi le loro responsabilità”, tiene a precisare Alberici. “Ai Chief Information Officer che temono di perdere il controllo direi di fondarsi sui KPI: analisi e monitoraggio costanti delle problematiche, dei progetti e delle prestazioni permettono di sapere sempre a che punto ci si trova. Poi alle persone che fanno bene assicuro sempre un riconoscimento del buon lavoro svolto davanti al team, oltre a suggerire, a seconda dei casi, aumenti o promozioni”.
Può anche capitare che ci siano persone che non svolgono bene i loro compiti: in questi casi il CIO deve saper comunicare gli eventuali errori o lacune alla persona interessata, fino a suggerire un cambio di ruolo, un percorso di formazione o addirittura l’uscita dall’azienda.
Le mosse-chiave per il CIO
Bilanciamento delle competenze, modello agile, responsabilizzazione, condivisione della mission aziendale e comunicazione sono, in sintesi, i mattoni su cui costruire il team “perfetto”.
“Per organizzare un team IT di successo è fondamentale strutturarlo in modo efficiente, garantendo che ogni membro abbia un ruolo chiaro e competenze bilanciate, con un giusto equilibrio tra capacità tecniche e capacità trasversali, come il problem solving e la collaborazione”, suggerisce Roberto Rossi, Head of Randstad Digital Consulting & Managed Solutions. “Un modello organizzativo agile, ispirato a metodologie come Scrum, aiuta a mantenere flessibilità e adattabilità, facilitando il lavoro in squadre cross-funzionali che accelerano i processi di sviluppo e innovazione”.
L’esperto ribadisce l’importanza di promuovere una cultura della responsabilità, in cui ogni membro si senta coinvolto nel successo del progetto e della strategia aziendale, ponendo particolare attenzione alla motivazione del team.
“Affinché sia produttiva e innovativa la funzione IT deve condividere una visione chiara e in linea con gli obiettivi aziendali. In questo senso, un CIO efficace deve allineare le proprie risorse sulla mission di team in modo che ognuno ne comprenda il valore e l’impatto sul business”, rileva Rossi. “La comunicazione è, quindi, un pilastro fondamentale: processi comunicativi ben strutturati, supportati da strumenti come Slack, Jira o Confluence, possono aiutare a garantire una gestione efficace della documentazione e delle attività quotidiane”.
Un ulteriore fattore è investire sulla crescita professionale. Occorre stabilire percorsi di carriera chiari e incentivi basati sui risultati, fornire opportunità di formazione continua, certificazioni, corsi e partecipazione a conferenze, favorendo così il senso di appartenenza e motivazione. Questo è particolarmente importante per i giovani, che hanno una forte spinta verso la conoscenza.
“Il Chief Information Officer, oggi deve evolversi e guardare al mondo attraverso gli occhi della Generazione Z”, riflette Luca Berton, Principal – Technology and Digital di Chaberton Professionals.
I team sono sempre più costituiti da giovani che si affiancano ai “veterani” e la comunicazione del responsabile deve svolgersi con il linguaggio di entrambi. “Questo rende la leadership più sfidante”, evidenzia Berton, “e per il CIO è fondamentale sviluppare un’intelligenza emotiva che permetta di comunicare efficacemente con diverse generazioni e comprendere le aspettative dei più giovani. Dobbiamo adattarci alle esigenze della Generazione Z, offrendo modalità di lavoro in linea con le loro aspettative – come la flessibilità – ma al tempo stesso responsabilizzando i collaboratori”.
Un team perfetto aiuta a vincere la battaglia per i talenti
C’è un potenziale grande vantaggio che il CIO ottiene dall’avere un team IT ben organizzato: una migliore capacità di attrarre e trattenere i collaboratori più talentuosi.
“La battaglia per i migliori talenti IT è ormai permanente e strutturale”, sottolinea Danelon di Page Executive. “Entro il 2030 è prevista una carenza globale di professionisti ICT pari a 85 milioni di lavoratori”.
Perciò bisogna puntare su elementi di attrazione, fidelizzazione e motivazione delle persone quali la retribuzione, la flessibilità e lo sviluppo professionale e personale.
“Formarsi, crescere e aggiornarsi continuamente nelle competenze per essere al passo con le tecnologie è molto importante per il CIO come per le sue persone”, aggiunge Danelon. “Le imprese devono fornire corsi, attività di mentoring da parte delle figure senior e opportunità di certificazione delle proprie competenze”.
Secondo l’esperto, bisogna anche stabilire una scala salariale chiara per compensare le persone in modo equo rispetto al loro ruolo, usando benchmark sia esterni che interni. Le ricerche del gruppo Page indicano che la retribuzione soddisfa solo il 61% dei professionisti IT europei: c’è spazio per migliorare.
Anche l’equilibrio tra vita privata e vita professionale è molto richiesto: per il 76% dei professionisti IT europei gli orari di lavoro flessibili sono un must. Inoltre, il 90% degli intervistati europei della Generazione Z e dei Millennial afferma che cambierebbe lavoro per andare in un’azienda dove i propri valori sono seguiti attivamente. Per i giovani è molto rilevante il benessere mentale, prioritario persino rispetto alla crescita professionale.
Anche l’AI è ormai un fattore in gioco: è una tecnologia che potenzia gli strumenti aziendali e che soprattutto i giovani si aspettano di poter usare.
“È essenziale promuovere costantemente la creazione di una cultura dell’innovazione, dedicando tempo alla sperimentazione e incoraggiando l’adozione di nuove tecnologie”, conclude Rossi di Randstad. “Noi notiamo un particolare interesse per le risorse ibride, cioè quei professionisti che sanno coniugare competenze tecniche con elementi tipici del business ed abilità tipiche delle funzioni di staff”.
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