Ora che l’intelligenza artificiale è diventata una sorta di mantra aziendale, anche la valorizzazione dei Big Data entra nella sfera di applicazione del machine learning e della GenAI. Nel primo caso, non si tratta di una novità assoluta. L’innovazione sta, piuttosto, nel ruolo del CIO, come dimostra il caso di Euronics, la nota azienda della distribuzione di elettrodomestici ed elettronica. Qui il lavoro del Digital Director, Umberto Tesoro, è partito proprio “dalla necessità di usare meglio i numeri, ovvero i dati digitali, al fine di realizzare una migliore esperienza per il cliente e aumentare le vendite”, afferma il manager, che riporta direttamente all’AD e la cui responsabilità copre l’ecosistema digitale e le prestazioni dell’e-commerce e delle app “per la crescita e la competitività aziendale”.
Nel caso dell’intelligenza artificiale generativa, si tratta invece di una novità dell’ultimo anno che ha introdotto degli elementi di forte trasformazione nelle aziende. Una trasformazione che va gestita: gli esperti di Gartner [in inglese] suggeriscono di estendere la strategia data & analytics in modo da includere l’AI ed evitare iniziative frammentate prive di una governance. La GenAI, in pratica, è un “caso speciale” della strategia aziendale che riguarda i dati e le analisi, e il compito di chi la dirige (il CIO o il Chief Data Officer) è capire quando applicarla e quando no.
Valorizzare i dati nell’e-commerce con analytics e machine learning
Infatti, per Euronics la GenAI non è, al momento, tra le tecnologie implementate, non per preclusione assoluta, ma perché il Digital Director non vede use case funzionali all’attività retail. “L’IT deve essere al servizio del business”, spiega Tesoro.
Il primo passo del team del manager è stato, invece, assumere una UX Designer, che non solo disegna l’interfaccia e l’esperienza per l’utente finale, ma realizza test per portare evidenze qualitative e quantitative sulle prestazioni del sito e dell’app per indirizzare il business.
“L’e-commerce è un journey che va dalla visita del sito al completamento dell’acquisto. Noi monitoriamo l’intero flusso, che parte dall’accesso e passa per la categoria, il prodotto, il carrello e la vendita, con strumenti come la CRO (Conversion Rate Optimization), ovviamente conformi al GDPR, che usano i dati aggregati per valutare le soluzioni e l’esperienza migliori da portare al cliente”, sottolinea Tesoro. “Procediamo sempre con test A/B, ovvero presentando ai consumatori due esperienze diverse e valutiamo il risultato; di qui scegliamo l’una o l’altra e apportiamo eventuali modifiche all’experience del sito. Perciò la nostra strategia per l’e-commerce è tutta data-driven: sono i dati e la loro analisi che ci forniscono le linee guida, non l’opinione o l’intuizione di questo o quel manager”.
Le soluzioni per il sito sono rafforzate dall’intelligenza artificiale o meglio, come precisa Tesoro, dal machine learning, che aiuta a erogare contenuti personalizzati suggerendo la visualizzazione di prodotti correlati in linea con quelli già acquistati dai clienti e sempre con il fine di migliorare le vendite. Per il ML e gli analytics Tesoro acquista sul mercato prodotti che valuta come “best in class” per le finalità di Euronics; le applicazioni vengono poi personalizzate tramite i partner tecnologici per le esigenze del sito e della app dell’azienda.
“Il team IT interno deve essere in grado di governare e guidare il fornitore, ma non facciamo sviluppo in house, non lo ritengo conveniente nel nostro caso. Io do le direzioni e le strategie al fornitore e al partner, e un project manager interno funge da raccordo. Per noi le figure chiave del team digitale sono la UX Designer e il Business Analyst, perché internamente lavoriamo sugli obiettivi strategici: la customer experience e l’analisi dei dati come supporto alle vendite”, ribadisce Tesoro.
Proprio la valorizzazione del patrimonio di dati dell’azienda e l’obiettivo di migliorare costantemente la CX hanno condotto alla recente partnership strategica siglata da Euronics con la commerce media company Criteo per l’implementazione delle soluzioni di Retail media di Criteo nel sito di e-commerce Euronics.
“Forniamo al consumatore un prodotto in linea con la sua ricerca sul sito, attraverso un’inserzione pubblicitaria il cui contenuto intercetta il reale bisogno del consumatore su uno specifico prodotto”, spiega il manager. “C’è una molteplicità di vantaggi per noi: diamo un risultato migliore all’inserzionista e costruiamo le condizioni perché un certo prodotto sia venduto sulla nostra piattaforma di e-commerce. Abbiamo un effetto positivo sulla vendita grazie all’analisi dei dati sul search intent del consumatore che è fornita dalla piattaforma di Criteo”.
Il valore dei dati nel no-profit: l’open source e la cybersicurezza
Anche per l’organizzazione non governativa EMERGENCY i dati sono un patrimonio strategico da valorizzare e proteggere.
“I dati sono il supporto all’attività core degli ospedali, devono sempre essere al sicuro, coincidono con le persone che curiamo. L’attenzione ai dati è altissima sia come IT che come investimenti”, afferma il CIO della ONG, Manuele Macario.
Questa filosofia ha portato all’attivazione di un sistema informativo per la gestione dei dati clinici nei tre centri chirurgici di EMERGENCY in Afghanistan tramite la piattaforma software SDC. Questa ha un’architettura strutturata su componenti open source, sia sui server della clinica che su dei tablet che sono stati distribuiti tra le varie cliniche di EMERGENCY.
“La piattaforma software open source è stata creata dalla nostra Medical Division per avere una cartella clinica che potesse lavorare in condizioni anche precarie” spiega Macario. “Per esempio, si adatta all’assenza di connessione internet e al lavoro offline; i dati vengono poi ritrasportati quando è disponibile la linea, e questo è cruciale nei contesti in cui operiamo. È anche facilmente installabile e possiamo trasferirla in altri siti”.
Ciò non toglie che sia un sistema di raccolta dei dati clinici molto avanzato: digitale, in tempo reale e sicuro, perché i dati sono crittati su VPN e mandati a Milano, dove EMERGENCY ha il suo data center centrale.
Il data center di Milano effettua anche l’analisi dei dati, tramite Power BI di Microsoft. L’infrastruttura è on-premises, spiega Macario, per preservare un investimento fatto, non per preclusione verso il cloud; infatti, in questi anni sono stati compiuti diversi passi verso “la nuvola” migrando alcuni servizi.
“L’importante nella gestione dei dati è avere dei backup solidi e replicati in un numero sufficiente di siti per permettere il ripristino nella maggior parte dei casi. Un piano solido di disaster recovery è, inoltre, fondamentale”, sottolinea il manager. “Infatti, la sicurezza per una ONG come la nostra è un problema sia cyber che fisico, perché non solo siamo oggetto di attacchi informatici mirati, ma operiamo in zone di guerra, dove i servizi erogati non sempre sono affidabili e, in caso di guasti, le parti hardware di ricambio sono di difficile reperimento”.
Nella sede centrale vengono applicate tecnologie innovative di criptazione e backup geografico dei dati, in particolare la tecnologia immutabile in cloud che tutela dai ransomware. A queste si affiancano tecnologie di intelligenza artificiale per la protezione degli endpoint (antivirus avanzati). Le identità degli utenti vengono gestite sulla piattaforma Azure Entra ID, che ha l’AI integrata e che avverte in tempo reale in caso di attività sospette.
GenAI, la svolta nella gestione dei dati
Ma la vera svolta nell’uso dell’AI, per EMERGENCY, è arrivata con l’intelligenza artificiale generativa applicata nel progetto Amanat, realizzato, anche questo, in Afghanistan. L’iniziativa poggia su quanto fatto già otto anni fa con la scannerizzazione delle cartelle cliniche: oltre 10 milioni di fogli di dati sanitari raccolti in 25 anni nell’ospedale di EMERGENCY per la chirurgia d’emergenza.
Il passo successivo del progetto era poter fruire dei dati digitalizzati e analizzarli. I dati scannerizzati, infatti, non erano di per sé leggibili per un software: erano stati estratti da documenti di un ospedale che opera in traumatologia e quindi, redatti spesso in fretta con calligrafia contratta, presenza di sigle, errori e condizioni dei fogli non ottimali.
“Ci siamo rivolti ai big player della tecnologia per poter risolvere il problema e gli algoritmi LLM hanno portato a una svolta, perché ci hanno permesso di svolgere le analisi”, riferisce il CIO. “Queste servono ai nostri dipartimenti di Medical Division per analizzare l’accesso alle cure e migliorarne la qualità, ottenere statistiche, creare un archivio e capire di quali strumentazioni, farmaci e medici abbiamo bisogno in un contesto di guerra. I dati formano una base scientifica su cui poggiare il nostro intervento e anche la nostra capacità di denunciare gli effetti delle guerre sulle popolazioni civili”.
Il team di Macario ha, dunque, avviato un proof of concept prendendo, del tutto casualmente, mille cartelle cliniche dal 2002 al 2018 dell’ospedale traumatologico di Kabul. Il PoC era necessario per provare il funzionamento della tecnologia a anche per contenere i costi, che, applicando il sistema a tutti i documenti, sarebbero cresciuti significativamente.
“Come partner abbiamo scelto Microsoft e la tecnologia di Azure OpenAI. Non volevamo mettere i dati delle cartelle cliniche sul sistema aperto di OpenAI-ChatGPT; abbiamo invece usato lo spazio sul nostro tenant Microsoft e questo ci ha garantito la privacy e la protezione dei dati dei pazienti”, spiega Macario.
La tecnologia di Microsoft è stata personalizzata: il vendor ha fornito la potenza computazionale, ma il team di EMERGENCY ha avuto bisogno di customizzare l’algoritmo di Azure Document Intelligence addestrandolo sui formati usati nelle cartelle cliniche e facendo “capire” all’AI dove e quali fossero le informazioni da interpretare.
Da lì è stato creato un database relazionale consultabile da cui effettuare un’analisi a posteriori dell’attività per cogliere i trend. Per leggere le cartelle cliniche digitalizzate, il team di Macario ha creato dei prompt molto puntuali che ha inserito in Azure OpenAI per ottenere, ad esempio, lo spacchettamento degli acronimi o l’interpretazione di parole scritte solo parzialmente.
“Con i prompt giusti, Azure OpenAI è stato di aiuto: per esempio, abbiamo isolato le informazioni su quanto tempo è passato tra la ferita e la cura in ospedale, che sono cruciali per capire dove posizionare i nostri centri di primo soccorso e se la nostra chirurgia sia efficace”, spiega Macario. “Con i prompt abbiamo guidato Azure OpenAI a correggere e convertire questo tipo di informazioni, mettendoci a disposizione dati analizzabili e visualizzabili su grafici”.
La “giusta misura” per investire nella GenAI
Macario sottolinea come l’intelligenza artificiale, in particolare quella generativa, vada applicata solo se c’è un beneficio che giustifica l’investimento.
“Non penso di usare l’AI e i LLM per qualunque tipo di applicazione, ma per ciò che serve veramente alla nostra organizzazione, altrimenti è una tecnologia insostenibile come costi e peso sull’ambiente”, afferma il CIO. “Per me l’AI e la GenAI vanno usate per ottenere un risultato che non si potrebbe avere altrimenti o perché ci si attende un beneficio significativo. È il caso del nostro progetto Amanat, che ha usato l’intelligenza artificiale generativa non solo per fornire dei dati utili alla nostra operatività, ma anche per essere pronti ad affrontare al meglio un prossimo intervento in un contesto di guerra e poter raccontare con i dati le conseguenze della guerra”.
Anche Tesoro usa un criterio selettivo con la GenAI. Come abbiamo visto, Euronics al momento non applica questa tecnologia all’attività retail, ma sta svolgendo dei test nell’ecosistema Salesforce per capire eventuali usi del sottoinsieme generativo dell’AI per la produttività: qui le prospettive sembrano promettenti.
“Non ritengo in questa fase la GenAI di grande impatto per la nostra attività, ma vedo con interesse l’automazione delle procedure manuali e stiamo già testando strumenti di produttività con la generative AI per compiti ripetitivi e non di valore”, afferma Tesoro. “Per me l’intelligenza artificiale è uno strumento di empowerment delle persone, che permette loro di non sprecare il talento in compiti meccanici ed essere invece spostate su compiti che valorizzano le capacità intellettuali”.
Macario torna a sottolineare che nel progetto Amanat di EMERGENCY il compito di ChatGPT è stato attentamente circoscritto: “Si tratta di uno strumento, non di un oracolo, e gli va dato un confine, una chiara indicazione di che cosa deve fare”.
Il CIO prosegue: “Gli algoritmi parlano per statistica, non danno una risposta giusta o sbagliata, ma che ha un grado più o meno alto di affidabilità. Sotto una certa soglia la risposta non è accettabile, al di sopra sì. Sulle mille cartelle messe nel PoC, abbiamo scartato metà dei dati come non affidabili, ma anche solo l’altra metà che abbiamo accettato ci ha restituito un trend che descrive in modo corretto la realtà. Ovviamente lavoriamo con pochi fondi a disposizione e la verifica dell’affidabilità dell’AI è stata svolta automaticamente, senza l’intervento di persone per non perdere tempo e risorse. Al momento non possiamo nemmeno inserire nel sistema tutte le cartelle cliniche, ma speriamo con nuove raccolte fondi e con dei crediti Microsoft di riuscire ad accedere alle infrastrutture cloud e alle GPU: è lì il costo del progetto”.
Non dimentichiamo l’AI “tradizionale”
Per l’esperto di dati e analytics Stefano Gatti, autore del libro La Cultura del Dato, “La GenAI aiuta, ma non è ancora matura per gestire servizi customer-facing. È, invece, più matura per supportare l’aumento di produttività interna, come riconoscono diversi CIO. La supervisione umana o, comunque, la verifica dell’affidabilità del risultato restano fondamentali”.
Una buona guida per i CIO per capire se e come investire nell’AI generativa può essere quanto scrive ancora una volta Gartner [in inglese] (e che corrisponde alle esperienze concrete appena descritte): iniziare cercando di capire se il caso d’uso crea valore per il business ed è attuabile nella pratica. Infatti, non ha senso applicare la GenAI indiscriminatamente. Secondo Gartner, questa tecnologia è estremamente efficace nella generazione di contenuti, nella ricerca di dati e nelle interfacce utente conversazionali, ma non decisiva in applicazioni come la classificazione dei dati, i sistemi di raccomandazione o l’automazione intelligente, e ben poco utile per le previsioni, la pianificazione e la decision intelligence. La generative AI è da scartare anche quando i rischi superano i vantaggi: per esempio, in presenza di output inaffidabili, violazione della privacy o della proprietà intellettuale, problemi di cybersecurity o di conformità normativa.
Né bisogna dimenticare, ammonisce la società di ricerche, che esistono le “classiche” tecniche AI, come il machine learning, l’ottimizzazione, la simulazione e i grafi di conoscenza. L’AI generativa può essere in alcuni casi una svolta e sicuramente è molto pubblicizzata, ma ci sono tecnologie molto più efficaci per diverse applicazioni, già mature e con meno rischi.
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