Che cos’è un fornitore? Il soggetto che accompagna le imprese nella loro trasformazione digitale come un vero partner, o è un semplice vendor, non sempre allineato alle esigenze del suo cliente? Nell’esperienza dei CIO italiani la realtà si muove tra i due estremi: difficile trovare il fornitore ideale, soprattutto tra le Big Tech, ma un manager accorto sa a quali parametri guardare nella selezione.
“Nella mia esperienza lavorativa mi sono trovata a collaborare con vendor di diverse dimensioni e ho imparato quanto sia importante guardare non solo alle caratteristiche del fornitore, ma anche a quelle della propria organizzazione”, dichiara Barbara Marmello, Group Head of ICT & ERP Enterprise di Joivy, multinazionale delle soluzioni immobiliari per vacanze, lavoro e studio. “Per esempio, Joivy è un’azienda con ambizioni di crescita e che vuole essere nelle condizioni di cambiare e cogliere nuove opportunità di mercato ed è importante che il fornitore sia flessibile, perché, se ho accordi troppo stringenti, limito la capacità dell’IT di essere di supporto al business”, sottolinea Marmello. “A parità di servizio e competenza offerti, e anche di condizioni contrattuali, per me è opportuno evitare un fornitore così strutturato da limitare i miei margini di manovra”.
Questo non vuol dire cambiare la pianificazione ogni giorno, ma poter gestire le situazioni eccezionali.
“Spesso chiedo modifiche dei termini per tenere conto della velocità interna o cerco di inserire una pianificazione del contratto per poterla eventualmente modificare, senza mettere in difficoltà il fornitore, ma nemmeno la mia azienda”, spiega Marmello. “Cerco una soluzione win-win: comunque con i consulenti mi piace costruire un rapporto di condivisione delle necessità e delle aspettative”.
Alla ricerca del fornitore ideale
La questione della buona scelta del fornitore è essenziale soprattutto per le piccole e medie imprese (PMI), dove i team IT sono molto ristretti – a volte comprendono 2 o 3 persone – e l’apporto del consulente o dell’integratore di sistemi è imprescindibile. Demandare al fornitore alcune responsabilità libera risorse per compiti più importanti, anche se può rischiare di non far crescere le competenze interne ed esporre l’IT al rischio di non saper valutare e monitorare, del tutto, l’operato del vendor.
Per i CIO non c’è una soluzione esatta a questo dilemma, se non quella di prendere in mano le redini e selezionare attentamente i fornitori. Molti cercano un vendor che sia un partner, capace di portare il know-how per condurre implementazioni di nuove piattaforme digitali, ma affiancandosi al cliente, vivendo l’azienda dall’interno, aiutando l’organizzazione a evolvere. Altri IT manager tendono ad avere una visione più disincantata.
“So di essere una voce fuori dal coro, ma non mi piace considerare i fornitori dei partner: fatico di più a quantificare il lavoro e il compenso”, afferma Alan Girard,IT & Cybersecurity manager di Nital, azienda che importa, rappresenta e commercializza in Italia circa un centinaio di brand di tecnologia di consumo, tra cui Nikon, iRobot, DJI, Sonos, Polaroid, Ezviz. “Inoltre, sono convinto che le decisioni strategiche spettino a noi, non al fornitore. Assimilarlo a un partner significherebbe lasciargli una certa libertà, mentre noi preferiamo avere il controllo sulle decisioni strategiche e non legarci troppo al vendor. Il rischio che si corre nel dare al fornitore tale ruolo è di demandare, perché non si hanno le risorse interne, finendo col diventare dipendenti o legarsi alle sue tecnologie, o ancora peggio seguire dei consigli dati da chi come obiettivo ha la vendita di un prodotto o un servizio, e non il bene della mia azienda”.
Dipendenza o collaborazione?
Girard chiarisce: questo approccio ha come contraltare un allungamento dei tempi dei progetti, perché mantenere questo controllo con le poche risorse IT interne a disposizione genera ovviamente delle code di workload. Ma è il modo di procedere che l’IT manager di Nital ha scelto come più opportuno: “Compriamo regolarmente prodotti e competenze, ma solo competenze verticali”, dichiara. “È difficile che mi rivolga a un fornitore dicendo, tanto per fare un esempio: devo revisionare le mie politiche di cybersicurezza, fallo tu per me. L’obiettivo non è chiaro, non è misurabile né quantificabile in maniera precisa. Sicuramente qualcosa verrà fuori, ma si deve partire dalla consapevolezza del nostro obiettivo interno”.
In pratica, i CIO hanno due alternative: dare la responsabilità al fornitore o accrescere il valore dell’azienda stabilendo obiettivi chiari e stimolando gli interni del team con opportunità ed esperienze dirette, e Girard non ha dubbi sul voler seguire la seconda direzione. Poi, quando capita di trovare il fornitore di fiducia, allora gli si può permettere di agire, almeno in parte, in modo autonomo.
“Se il fornitore vuole essere un partner, un mio problema deve diventare un suo problema”, sottolinea il manager. “Se è un partner, mi aspetto che sia impegnato e proattivo e presente sempre, non solo quando serve una competenza, attento al bene della mia azienda, non solo del suo fatturato. Allora possono nascere le basi per instaurare un rapporto di fiducia”.
I difficili compromessi con le Big Tech
Questo tipo di relazione è ancora più complessa con le Big Tech, come le aziende del cloud e delle piattaforme per la produttività e la collaborazione in ufficio.
“Siccome è molto difficile sviluppare competenze interne sul cloud, abbiamo un integratore per gestire la nostra implementazione di questi prodotti, al quale abbiamo subappaltato aspetti come gli SLA, i ticket, e così via”, afferma Girard. “Mi trovo bene? Senza dubbio sì, per questioni squisitamente tecniche il nostro fornitore è davvero molto preparato. Tuttavia, sui temi relativi al cloud billing, quando hai a che fare con le Big Tech ti trovi perennemente nella situazione di avere poche possibilità di scelta: il fornitore è spinto dalla Big Tech a far salire la bolletta, mentre io spesso ho l’esigenza di spendere meno, o il giusto”.
Per le PMI, a volte, la soluzione è cercare tra i fornitori piccoli: sono sicuramente più attenti e presenti. Ma c’è un rovescio della medaglia.
“Il problema è che hanno poche persone verticalizzate e magari quella brava spesso è una sola”, nota Girard. “Se manca quella persona, abbiamo un problema. Ho già questa criticità internamente, visto che siamo solo in cinque, per cui cerco di non mettermi nella stessa situazione col fornitore. Per questo ci rivolgiamo di solito a quelli un po’ più grandi, ma, in questo caso, quello che può capitare è che il fornitore mandi le prime volte persone molto competenti e poi, dopo che si è aggiudicato il contratto, ti assegni persone via via sempre meno preparate. E anche questo è un problema”.
Marmello conferma le sfide dei rapporti con i grandi vendor. “Dipende dall’account di riferimento”, osserva la manager: “Se è una persona disponibile a darti una mano, anche oltre la propria sfera di competenza, allora si riesce ad avere un rapporto migliore, altrimenti per le piccole e medie imprese è difficile avere un peso nelle richieste al grande fornitore”.
Marmello si è trovata a gestire un problema con un grande vendor: non funzionava l’ambiente in cui doveva far partire un progetto che, tra l’altro, coinvolgeva anche altri fornitori. “Ognuno sosteneva di aver fatto la sua parte, ma io non riuscivo a andare avanti”, racconta la manager.
La Big Tech non dava risposte certe e la soluzione è arrivata solo grazie a un account particolarmente disponibile che ha fatto salire la severity del ticket da due mesi a due settimane. “Ho dovuto comunque bloccare il progetto, ma almeno ho dato una risposta accettabile al mio management su quando saremmo potuti ripartire”, evidenzia Marmello.
Dopo questo episodio, la manager di Joivy non ha, però, cambiato fornitore: troppo complicato. “Più sono presenti in azienda soluzioni cloud e Saas e più bisogna tenere conto del lock-in in cui il grande vendor tende a metterti”, tiene a precisare. “È un tema da non sottovalutare ed è difficile farlo capire ai manager del business e del finance, ma io ci provo ogni volta, perché la consapevolezza delle restrizioni del fornitore facilita il rapporto dell’IT con i vari dipartimenti”.
Le imprese italiane temono il vendor lock-in
Il lock-in tecnologico è una problematica molto sentita dalle imprese italiane. Infatti, come ha svelato il sondaggio condotto dall’Osservatorio Startup Thinking del Politecnico di Milano su un campione (155) di grandi aziende, la fiducia nei vendor e nei sourcer ICT è crollata negli ultimi anni, passando nel 2023 al 24% rispetto al 42% del 2018.
“Ogni anno chiediamo alle imprese quali sono le principali fonti di stimolo all’innovazione digitale in azienda e il ruolo della consulenza e dei vendor e sourcer ICT è crollato nel tempo, indicando un nuovo modo di organizzare la filiera dell’innovazione”, commenta Alessandra Luksch, direttrice Osservatori Startup Thinking, Digital Transformation Academy della School of Management del Politecnico di Milano.
Al contrario, cresce il peso dei player emergenti, che portano stimoli all’innovazione in modo dirompente, prosegue Luksch, “essendo capaci di generare proprietà intellettuale. Startup, centri di ricerca e università, offrono modalità più flessibili, spesso in partnership, adatte ad affrontare i contesti mutevoli, mentre i vendor spesso portano al lock-in del cliente”.
Per questo le imprese stanno sviluppando un approccio più sistemico alle loro attività, “che trascende le tradizionali catene di fornitura e porta le aziende a far parte di una rete estesa che include partner e collaboratori di varia natura e conformazione”, conclude l’esperta. “Ciò consente di trasformarsi e innovare per adattarsi ai sempre più rapidi e profondi cambiamenti del mercato e della società”.
L’ABC della selezione secondo i CIO
In definitiva, non esiste una formula magica per selezionare buoni fornitori, ma ogni CIO e ogni team IT ha sviluppato un suo metodo che “funziona”.
“L’approccio che seguiamo noi è quello di ‘provare’ con tanti, affidando all’inizio piccoli lavori o singoli task, per estenderli man mano che riceviamo feedback positivi”, riferisce Girard. “Ma il timone resta sempre in mano nostra: siamo disposti ad ascoltare i consigli e a metterci in gioco con l’umiltà di chi sa di non conoscere tutto, ma teniamo a mente che il bene dell’azienda viene prima di ogni altra cosa”.
Nel suo processo di selezione dei fornitori Marmello isola alcuni aspetti-chiave: i tempi di risposta, la disponibilità a incontri di persona, ovviamente l’aspetto economico, la copertura su vari Paesi, visto che Joivy è una multinazionale, e la sicurezza. Per alcuni progetti specifici la manager chiede delle certificazioni, come la 27001, la compliance al GDPR, o la verifica dei backup e della gestione utenti per le soluzioni SaaS.
Un elemento critico è che il fornitore sia “presente”, sottolinea Marmello: “Ho bisogno di ottenere risposte veloci quando chiedo una stima dei tempi di avvio e realizzazione di un nuovo progetto. Se il business mi fa una richiesta e il fornitore non mi dà riscontri, non sono di supporto ai miei stakeholder interni. Mi è capitato e ho dovuto procedere con un’escalation. Un’altra difficoltà che ho incontrato è non trovare il fornitore reperibile nei periodi di ferie: se apro un ticket e mando comunicazioni critiche mi aspetto una risposta, anche se è Natale; non posso bloccare il funzionamento del mio business”.
Perciò Marmello è abituata a mettere a confronto almeno tre fornitori diversi prima di scegliere, svolgendo un’analisi completa delle caratteristiche di ognuno e lavorando insieme ai collaboratori per prendere una decisione condivisa. Nel caso in cui sia un altro dirigente a proporre una tecnologia o un fornitore, la manager offre comunque il suo parere – favorevole o contrario – fornendo dati e analisi obiettive: “Penso che sia mia responsabilità dare informazioni oggettive e complete per permettere ai manager di decidere”, afferma. “L’IT non è solo un’area tecnica, ma un consulente interno ed è importante portare consigli efficaci ai nostri colleghi”.
In mezzo alle difficoltà, trovare il punto di equilibrio è essenziale perché gran parte del lavoro nelle aziende è svolto con il fornitore. In molte imprese, quando c’è una forte spinta alla digitalizzazione e alla crescita, anche quando le dimensioni sono piccole, si tende a cercare vendor un po’ più grandi, nonostante costino di più. Poi, più l’azienda è grande (e cospicuo è il suo contratto) più c’è spazio per fare leva sul consulente: i CIO non esitano a convocare di persona i rappresentanti quando qualche prodotto non funziona e a esigere risposte e soluzioni in tempi rapidi. Se il fornitore deve essere un partner la prima caratteristica è la proattività: svolgere i compiti secondo i tempi stabiliti e, se nasce una necessità o un problema, occuparsene e risolvere prima che sia l’IT a sollecitare un intervento.
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